Cultura

Cantiamo con Vasco perché come lui abbiamo paura del buio

In attesa del concertone Modena Park, ecco il nuovo libro «XL» che raccoglie 40 anni di canzoni commentate
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Dice «dovresti parlare del libro per provare a spiegare un po’ il fenomeno Vasco, capire com’ è possibile che sia diventato così» e sulle prime sembra anche possibile, «certo, va bene», anche grazie a quel deficit di attenzione che fa sì che uno non dia il giusto peso alla richiesta, a quelle parole, così, nell’immediato.

Poi ci si ripensa, però, all’incarico ricevuto, chiedendosi «aspetta un attimo, in che senso spiegare il fenomeno Vasco?», non basteranno mica le 72 righe riservate nella pagina del giornale. Ma nemmeno se lo scrivessimo direttamente online, senza limiti di rigaggio, con quelle spataffiate che si trovano talvolta in cui arrivato a una certa invochi pietà e controlli Instagram, i like, se c’è qualche storia carina.

Deficit d’attenzione eletto a stile di vita che non è proprio spericolata, ma è pur sempre segnata da Vasco Rossi. Innegabilmente, paradossalmente, continuamente segnata da Vasco, che è la cosa più simile a una fede calcistica che sia mai capitato di incontrare. Del tipo: uno tifa Brescia anche sapendo che per i prossimi anni non giocherà la finale di Champions e che magari rischierà di retrocedere, quelle cose lì. L’amore, però, non cambia.

 

 

Insomma, con il Modena Park dell’1 luglio che incombe (220mila paganti, non si sa quanti arriveranno senza biglietto in una città stravolta dal concertone) lo spunto dell’articolo è che è appena uscito «XL - 40 anni di canzoni (con i miei commenti)», (Mondadori, 530 pp, 20 euro) in cui Vasco raccoglie tutti i testi piazzando in giro le sue note a margine.

Ti accoglie dalla copertina con lo sguardo accigliato, che un po’ ti giudica e ti sfida, un classico della seconda parte della carriera, diciamo da «Canzoni per me» (1998) in avanti. Sul libro, sarà per un effetto ottico, sembra di scorgere le sopracciglia leggermente imbiancate: puoi perdere i capelli, ingrigire il pizzetto, ma il sopracciglio è proprio quel particolare che ti dice che con l’età non puoi certo giocare a rimpiattino. Facciamocene una ragione.

 

 

«Perché piaccio? Perché canto quello che canterebbero loro se non lo cantassi io, perché hanno paura del buio e, come me, per farsi coraggio, cantano», dice Vasco, come si legge nell’introduzione, scritta da Tania Sachs. E qui bisogna aprire una parentesi sulla Sachs per tornare alla domanda iniziale: per essere il fenomeno Vasco devi (anche) avere uno staff che gira a mille e lei, che di lui segue l’ufficio stampa, è una fuoriclasse (e poi è pure della Vergine).

L’Io che tende a trasmigrare nel Noi, il Te e il Me che diventano intercambiabili, un Loro sempre evocato, a volte con il Voi, che sono quelli che stanno dall’altra parte, che non lo capiscono, che non lo vogliono, che lo disprezzano. E poi «questo mix di insofferenze, rabbia, emozioni, paure, disperazione, sogni che caratterizza la mia vita». Vasco racconta nel libro che la mamma gli diceva sempre «solo te! solo te!» quando lo sgridava da bambino, ma poi ha capito che quelle sensazioni che lo spingevano a scrivere le canzoni non erano esclusive.

 

 

«Quando ho capito che eravamo in tanti a provare le stesse cose, è stata una bella consolazione. Pensavo di essere solo io e.. invece fondamentalmente tutti, sotto sotto, molto equilibrati non siete!!». Vai con le canzoni, quindi, che sono un’arte, che sono «una delle cose più belle e coinvolgenti che ci siano», che riescono a fotografare un’emozione lasciandola viva per anni, decenni. «E, se la provi insieme a qualcun altro, allora diventa uno sballo!!».

A parte quella sorta di lezione dedicata a «Siamo solo noi» in apertura del libro, gli altri testi sono brevi flash a commento delle canzoni, non tutte e nemmeno di tutti gli album. Con riflessioni tra l’amaro e l’incazzato e rivelazioni (almeno per chi scrive), come quando dice che in «Asilo Republic» il bambino caduto dalla finestra era Pinelli e che gli «altri fuochi» alla fine della canzone erano l’eroina e la repressione della contestazione negli anni Settanta. Ci sono anche aneddoti imperdibili, da avrei voluto essere lì a vedere, tipo Slash dei Guns n’ Roses che piazza lì una schitarrata in studio a Los Angeles per «Gioca con me» e poi dice «Hei Vasco, do you like it more light or more strong?» e lui gli risponde «more strong!». Ovvio, più forte. Altrimenti che gusto c’è? 

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