Italia e Estero

Riforma costituzionale: referendum e leggi d'iniziativa popolare

La riforma costituzionale porta con sé nuovi strumenti di democrazia diretta sia per il referendum sia per le leggi di iniziativa popolare
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La riforma costituzionale porta con sé nuovi strumenti di democrazia diretta sia per il referendum sia per le leggi di iniziativa popolare. Sono novità introdotte alla luce dell’evoluzione in Italia dei referendum e del tendenziale calo della partecipazione. 

A partire dal 1974 si sono svolte 66 consultazioni referendarie: in 23 casi si è avuta una maggioranza di «sì» e la richiesta di abrogazione è passata; in 16 referendum si è registrata una maggioranza di «no». Negli altri 27 casi non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto e i referendum hanno avuto esito nullo. Per vent’anni, dal 1974 a 1995 si è registrata sempre la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto (ad eccezione del 1990). La partecipazione è andata progressivamente diminuendo: dall’87,7% del referendum sul divorzio del 1974 al 58% dei tre referendum in materia televisiva del 1995. Tra il 1997 e il 2009, in nessuno dei referendum svoltisi si è raggiunto il quorum. 

Nel 2011 si è registrata un’eccezione: i referendum su servizi pubblici locali, servizio idrico integrato ed energia nucleare hanno ottenuto il raggiungimento del quorum, con una percentuale del 55%. Ora si cerca di ravvivare e rinnovare lo strumento della consultazione referendaria con alcune novità anche sostanziali. 

Con le modifiche introdotte dalla riforma arrivano i referendum propositivi e quelli d’indirizzo. Per ora si tratta di due strumenti a livello teorico, visto che le modalità di attuazione dovranno essere indicate da una legge costituzionale e da una legge ordinaria ad approvazione bicamerale. 

Il referendum propositivo, è un istituto nuovo per l’Italia, ma è previsto in linea teorica dallo statuto della Regione Lazio. Invece, un referendum di indirizzo si è svolto nel 1989 per il conferimento di un mandato al Parlamento europeo di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità. 

Viene modificato poi l’articolo 75 sul referendum abrogativo, o meglio, viene mantenuta la possibilità per 500mila elettori (o per 5 Consigli regionali) di richiedere il referendum, lasciando invariato l’attuale quorum di validità, ossia la maggioranza degli aventi diritto al voto. Ma al contempo esso prevede, in caso di richiesta da parte di 800mila elettori, un abbassamento del quorum, portandolo alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera. 

L’altra grande novità che riguarda l’iniziativa legislativa popolare con l’obiettivo di garantire tempi certi per l’esame delle relative proposte di legge, elevando al contempo il numero di firme necessarie per la relativa presentazione. In particolare, da una parte viene elevato da 50mila a 150mila il numero di firme necessario per la presentazione di un progetto di legge e, dall’altra, viene introdotto il principio che ne deve essere garantito l’esame e la deliberazione finale, pur nei tempi, forme e limiti da definire nei regolamenti parlamentari. L’iniziativa legislativa popolare ha finora avuto una ridotta incidenza, sia perché ad esso non si è fatto frequente ricorso, sia perché i progetti di legge presentati hanno avuto seguito in Parlamento in un numero limitato di casi. Il loro iter si è concluso raramente con l’approvazione definitiva. 

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