Italia e Estero

Riforma costituzionale: i poteri del premier

Viene introdotto il voto a data certa: l'esecutivo può chiedere di approvare una legge entro 85 giorni. Limiti ai decreti
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Il dibattito su come rendere più efficace e puntuale l’azione del governo ha animato gli ultimi anni della politica italiana. Da un lato c’è chi vede nel continuo ricorso alla decretazione d’urgenza uno svuotamento delle prerogative parlamentari, dall’altro c’è chi invece chiede una maggior velocità nell’azione dell’esecutivo, che sarebbe, in linea, soprattutto secondo i promotori di questa riforma costituzionale, con quanto accade nel resto d’Europa e per poter dare risposte più immediate in una cornice politico-economica che richiede ai governanti una maggiore reattività. Ed è proprio in questa ottica che è stato messo mano all’articolo 72 della Costituzione immaginando una sorta di corsia preferenziale per alcune leggi che il governo ritiene essenziali e prioritarie. 

Per rafforzare l’incidenza del governo nel procedimento legislativo, la riforma riconosce all’esecutivo il potere di chiedere che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno della Camera. Viene così creato l’istituto del voto a data certa che dà all’esecutivo la facoltà di chiedere alla Camera dei deputati di deliberare (entro 5 giorni dalla richiesta governativa) che un disegno di legge, indicato come essenziale per l’attuazione del programma di Governo, sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di 70 giorni dalla relativa deliberazione. La conseguenza è che in tale caso, vengano dimezzati anche i termini per la deliberazione di proposte di emendamenti da parte del Senato (5 giorni per disporre di esaminare il disegno di legge e 15 giorni per la deliberazione).

La nuova norma costituzionale prevede anche che in caso di particolare complessità del disegno di legge, possa essere disposto un ritardo del termine, per un massimo di 15 giorni, per cui il ddl dovrà essere sottoposto alla pronuncia in via definiva della Camera al più tardi entro 85 giorni dalla deliberazione governativa. Inoltre restano escluse dal voto a data le leggi bicamerali, quelle di bilancio, la ratifica dei trattati internazionali, le leggi di concessione d’indulto e amnistia e le leggi elettorali. 

L’introduzione del «voto a data certa» dovrebbe ridurre il frequente ricorso alla decretazione d’urgenza, anche in connessione con le previsioni del nuovo articolo 77, che determinano un irrigidimento dei limiti costituzionali al contenuto dei decreti-legge e dell’emendabilità dei relativi disegni di legge di conversione. 

La riforma introduce in Costituzione alcuni limiti, previsti dalla normativa ordinaria, disponendo che il decreto legge non può intervenire sulle materie già escluse dal voto a data certa. Non possono essere adottati decreti-legge in materia elettorale, ad eccezione della disciplina dell’organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni. 

I decreti legge non possono ripristinare l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento. Sempre nell’articolo 77 si precisa che nel corso dell’esame di disegni di legge di conversione in legge dei decreti legge non possono essere approvate disposizioni estranee all’oggetto o alle finalità del decreto. 

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