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De Biasi, Tare e una serata bestiale allo stadio

Gli ex «bresciani» testimoni oculari di Serbia-Albania: la paura durante gli scontri, le aggressioni subite e la rabbia ancora in corpo.
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:L’inchiesta dopo la tempesta. Matematico, inevitabile. Obbligatorio. Che altro avrebbe potuto fare la Uefa se non aprire un’indagine formale il giorno dopo i già tristemente noti fatti di Serbia-Albania, gara di qualificazaione a Euro 2016, sospesa per rissa da fatti politici?

Col senno di poi, null’altro. Semmai si sarebbe potuto valutare meglio il contesto - di grande tensione, storica ma sempre attuale - nel quale il confronto sarebbe andato in scena in modo da non farsi trovare impreparati di fronte ad una possibile degenerazione di una partita di calcio in qualcosa d’altro. Non che si potesse nello specifico prevedere il volo di un drone con issata una bandiera della Grande Albania e inneggiante ad un Kosovo autoctono, ma a qualche rivendicazione politica - con qualunque modalità - sì. Quali saranno le conseguenze della serata di Belgrado? Parola alla Uefa il cui presidente Michel Platini intanto si è già espresso con un eloquente «scene imperdonabili».

Vedremo. Intanto, negli occhi e nel cuore di chi c’era martedì in Serbia, resta lo sgomento. È così per due «bresciani» come Igli Tare, albanese, ex attaccante delle rondinelle e dirigente della Lazio che era in tribuna, e per l’ex capitano e allenatore biancazzurro Gianni De Biasi, ora ct dell’Albania. Che con la sua nazionale è stato protagonista di un bagno di folla al rientro a Tirana dove c’erano 5.000 persone ad accogliere la squadra. «Quella che abbiamo vissuto - continua a ripetere De Biasi - è stata un’esperienza traumatica. Ho avuto paura e ora aspetto giustizia. Quello che è successo è incredibile e i miei giocatori sono stati colpiti sia dai tifosi in campo che dagli addetti alla sicurezza di uno stadio inadeguato».

«Sono d’accordo con De Biasi: l’impianto - dice Tare - non era adatto. A Belgrado ha perso il calcio e i due Paesi hanno perso un’occasione. A me però non piace parlare di politica: voglio solo essere un ambasciatore del calcio. Anche io in tribuna - aggiunge - sono stato aggredito, ma devo dire che sono stato aiutato pure da gente serba. Quello che mi spiace è che nell’ultima settimana la stampa sia serba che albanese avessero caricato di tensione la partita mettendo il calcio in secondo piano». Insomma: si poteva prevedere l’epilogo. e. bar.

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