Scienza

La carta d'identità di Ötzi un 45enne di cinquemila anni

Il ritrovamento sul ghiacciaio del Similaun ha aperto nuovi scenari di conoscenza.
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A diciannove anni esatti dal suo ritrovamento continua a fare discutere e a suscitare interesse il ritrovamento di «Ötzi», la celebre mummia conosciuta anche con gli appellativi di «uomo venuto dal ghiaccio» (denominazione ufficiale) e di «uomo del Similaun».
Era infatti il 19 settembre 1991 quando, in una limpida giornata, due escursionisti tedeschi stavano godendo il piacere del sole dell'alta quota sulle Alpi Venoste (Ötztaler Alpen). Nel corso della discesa dalla Punta di Finale (3513 m) la decisione di imboccare una scorciatoia e di uscire nei pressi del Tisenjoch dal sentiero segnalato per il rifugio Similaun rivela loro, leggermente emersi dall'acqua di fusione del ghiacciaio, i resti di un corpo umano che inizialmente credono possano appartenere ad un alpinista scomparso nella zona molti anni prima.
Questione di confine
Vengono quindi avvisati prima il gestore del rifugio Similaun, poi i carabinieri e anche le forze dell'ordine austriache, dal momento che la salma si trova in una posizione prossima al confine: si appurerà in seguito mediante misure effettuate con teodolite e telemetro che la mummia giaceva in una conca in territorio italiano a 92 metri dalla linea delimitante il territorio dei due Stati.
Il 21 settembre giungono casualmente in zona i due celebri alpinisti Rein- hold Messner e Hans Kammerlander e, complice anche il loro interessamento, gli organi di informazione iniziano a dare spazio al caso.
Il recupero della salma avviene due giorni dopo: un elicottero la preleva assieme ai numerosi reperti (un'ascia con il manico di legno, frammenti di corda e di pelliccia, ciuffi di capelli e altro ancora) raccolti nei pressi del corpo, e trasporta tutto all'Istituto di Medicina Legale di Innsbruck. È qui che si inizia a prendere coscienza dell'eccezionalità del ritrovamento.
Scoperta senza precedenti
L'archeologo Konrad Splinder viene infatti convocato ad esaminare la salma e i reperti e, sulla base della tipologia dell'ascia, li fa risalire ad almeno quattromila anni addietro: di quell'età non si conosceva allora alcun reperto umano così ben conservato in tutto il mondo. L'ipotesi viene successivamente confermata mediante la datazione effettuata con il radiocarbonio da quattro diversi istituti i quali, sulla base delle loro analisi, comunicano univocamente che l'«uomo del Similaun» è vissuto tra il 3350 e il 3100 avanti Cristo.
L'importanza del reperto, di età superiore ai 5mila anni, è eccezionale non soltanto dal punto di vista archeologico, ma anche per altre discipline scientifiche mediche e naturali. Gruppi di specialisti di tutto il mondo si sono infatti dedicati allo studio di singoli aspetti della mummia, e ogni anno sono ancora oggi una trentina le nuove équipe di ricerca che fanno richiesta di realizzare indagini specifiche.
L'età dell'uomo
È stata annunciata anche la mappatura completa del suo patrimonio genetico, per mezzo della quale sarà possibile ottenere altre interessanti informazioni. Tutti questi studi hanno già consentito di chiarire aspetti quali l'età di Ötzi alla sua morte (45,7 anni con uno scarto di più o meno cinque anni), ricostruire i tratti del suo volto grazie a tecniche utilizzate dai criminologi dell'FBI, inquadrare i tatuaggi presenti sul suo corpo non come segni con significati simbolici, ma come pratica di terapia di controllo del dolore.
Aspetti ancora controversi riguardano la sua morte e la sua sepoltura. Il corpo presenta nella parte sinistra della schiena una ferita cutanea causata da una freccia. La cuspide di selce trovata nel corpo della mummia, identica a quelle diffuse nella zona delle Alpi all'epoca del Rame, testimonia che Ötzi a causa del forte dolore ha cercato di togliersi la freccia dalla spalla, riuscendo a staccare l'asticciola ma non la punta. Anche se è certo che è stata questa ferita la causa della sua morte, non sono tuttavia chiari i motivi della sua aggressione.
Trattandosi degli effetti di un attacco avvenuto alle sue spalle, e terminato con una lotta corpo a corpo appena prima di morire come testimoniato da una profonda ferita da taglio sulla mano destra, potrebbe trattarsi dell'esito di un tentativo di fuga o di un agguato a tradimento, maturato nel contesto di un tentativo di rapina (ma dal suo equipaggiamento sembra non mancare niente) o di furto di bestiame. Il gregge rappresentava infatti un bene molto prezioso, e Ötzi avrebbe potuto trovarsi in quella zona per condurlo al pascolo.
La contesa scientifica
Oltre a questi dubbi è emersa recentemente, come riportato dalla rivista specializzata Antiquity, l'ipotesi che Ötzi non morì nella zona del suo ritrovamento, ma perse la vita in primavera in zona valliva e fu successivamente trasportato in quota per la sepoltura.
A sostenere questa tesi è l'archeologo Alessandro Vanzetti dell'Università La Sapienza di Roma. Non concordano con questa interpretazione i ricercatori del Museo Archeologico dell'Alto Adige.
Ruggero Bontempi

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