Cultura

Lo sguardo positivo di un uomo in eterno movimento

Con «Sono un ottimista globale», Bill Gates svela il suo impegno a livello filantropico
Bill Gates, da Microsoft alla filantropia - © www.giornaledibrescia.it
Bill Gates, da Microsoft alla filantropia - © www.giornaledibrescia.it
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TITOLO Sono un ottimista globale
AUTORE Bill Gates / Massimo Franco
CASA EDITRICE Il Saggiatore
PAGINE 88
PREZZO 8,00 €

Con la libertà, il potere e la fiducia di chi si guarda attorno, e può agire (dall’alto della più grande ricchezza personale del mondo, un patrimonio di 84 miliardi di dollari), Bill Gates da anni ha smesso i panni del leader operativo di Microsoft, di cui resta presidente onorario, per indossare quelli, ancora più gratificanti e stimolanti, del multimiliardario filantropo. Che impiega oggi tutto il proprio tempo, e buona parte dei propri soldi, insieme alle amicizie, conoscenze e influenze, al servizio delle buone cause di un mondo migliore. Nel quale crede profondamente, da «innovatore radicale» e «ottimista impaziente in eterno movimento», secondo definizioni di Stampa che accetta di buon grado.

«Le occasioni create dall’innovazione mi inducono a guardare al futuro in un’ottica decisamente positiva» rileva Gates, «sono convinto che in generale l’idea di interdipendenza, di miglioramento delle condizioni di vita, non sarà messa in crisi», e si schiera «contro le vedute estremiste che invitano a isolarsi erigendo nuovi muri». Oggi «il problema è come gestire i grandi sistemi sociali, come proseguire sulla strada dell’innovazione, e come avere maggiore giustizia. È una sfida costante».

William Henry Gates III, nato nel 1955 a Seattle, e diventato il «Bill» più famoso e facoltoso del mondo fondando nel 1975 la mitica Microsoft, insieme al compagno di liceo Paul Allen, e dopo aver lasciato l’Università di Harvard senza laurearsi, si racconta e soprattutto racconta l’impegno filantropico, la propria visione delle cose e le loro prospettive nel volume «Sono un ottimista globale» (Il Saggiatore, 104 pagine, 8 euro). Una lunga intervista esclusiva raccolta dal giornalista del Corriere della Sera, Massimo Franco. Che dell’illustre intervistato scrive: «Visto da vicino, l’uomo più ricco del mondo è di una semplicità disarmante»; è un «sessantenne con la faccia da ex bambino gracile», un «intellettuale organico della globalizzazione».

Quando gli si chiede qual è la sua attività della quale va più fiero, Bill Gates ricorda i soldi spesi per gli aiuti all’Africa, non i miracoli dei software Microsoft. Fu nel 1993 che visitò per la prima volta con la moglie Melinda, in vacanza, alcuni Paesi dell’Africa orientale. E i due, trovandosi di fronte a tanta disperata povertà, ebbero una folgorazione: decisero di agire per cambiare le cose.

Nel 2000 hanno poi creato insieme la Bill & Melinda Gates Foundation, nata dalla fusione tra la William H. Gates Foundation costituita nel 1994, l’anno del loro matrimonio, e alcune iniziative per promuovere l’istruzione e l’educazione ideate anni prima da Bill.

La sua attività parallela è poi quella di regista del Global Fund, istituito durante il vertice del G8 a Genova nel 2001, e focalizzato sulla lotta all’Aids, alla malaria e alla tubercolosi. Rivendica, come risultato del fondo globale umanitario, quello di «avere salvato, in quindici anni, venti milioni di vite», e di avere scongiurato centinaia di migliaia di nuove infezioni nel mondo.

E riguardo all’Africa rimarca: «Occorrerà un ventennio almeno affinché si creino condizioni tali da scoraggiare le persone dal cercare opportunità in luoghi diversi dai loro Paesi. Ma la situazione in Africa sta migliorando». L’immigrazione, se ben regolata e governata, «è una risorsa». E se si vuole limitare, l’unica possibilità è quella di aiutare le aree più violente e misere che spingono le popolazioni a emigrare. «Le condizioni di salute miglioreranno nettamente negli anni a venire, e anche questa è una tendenza globale» osserva il leader mondiale del filantro-capitalismo, mentre «l’Europa dovrebbe essere orgogliosa di aiutare i Paesi poveri».

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