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Agricoltura 4.0: i dati sono «il nuovo petrolio»

All'Osservatorio Smart Agrifood del Rise la testimonianze di due aziende. Ma c'è ritardo...
L'agricoltura diventa 4.0 - foto Agf
L'agricoltura diventa 4.0 - foto Agf
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«The world’s most valuable resource». Qual è, stando alla copertina dell’ultimo numero dell’Economist, la risorsa più preziosa al mondo? Se un secolo fa era il 
petrolio, oggi sono i dati: «the oil of the digital era». E proprio i dati sono al centro della quarta rivoluzione industriale, che nel settore primario ha il suo parallelo nell’Agricoltura 4.0. Qui diverse tecnologie digitali vengono applicate per migliorare condizioni di lavoro, resa, qualità produttiva, efficienza e sostenibilità delle coltivazioni.

Rise-Ingegneria Meccanica: punto di riferimento in Italia per comprendere in profondità le innovazioni digitali che stanno trasformando questo settore è l’Osservatorio Smart AgriFood, nato dalla collaborazione tra Laboratorio Rise del dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale dell’Università degli Studi di Brescia e il Politecnico di Milano. Due componenti chiave.

Già autore di una ricerca sull’importanza delle startup nel settore agricolo e agro-alimentare, l’Osservatorio ha da poco presentato uno studio sull’Agricoltura 4.0: due sono le componenti chiave, l’Agricoltura di precisione (che ha iniziato ad essere adottata attorno agli anni’90) e l’Internet of farming. La prima ha il suo focus sulle attività produttive ossia persegue obiettivi di efficienza, produttività e qualità con interventi mirati sulle esigenze delle coltivazioni, servendosi di mappe di prescrizione, guida autonoma, droni, trattori smart, etc. L’Internet of farming si concentra invece sull’intera dimensione aziendale e sull’integrazione dei sistemi digitali aziendali ed esterni, puntando a efficienza, integrazione di filiera e utilizzo intelligente dei dati grazie all’uso di sistemi informativi gestionali, Big Data Analytics, IoT, Cloud, etc.

L’Italia arranca. L’ultimo censimento Istat, risalente al 2010, presentava una situazione disastrosa: solo il 4% delle aziende agricole era informatizzata. «I dati sono vecchi ma è di queste settimane un rapporto di Cisco sul vitivinicolo in cui il 77% delle aziende dichiara di non aver investito più di 5.000 euro nel settore ICT negli ultimi 5 anni - spiega Andrea Bacchetti, direttore della ricerca -; senza un’adeguata integrazione informativa, il 4.0 diventa difficile da perseguire».

Storie emiliane. I risultati di chi ha deciso di innovarsi, oltretutto, sono estremamente positivi e l’Osservatorio ne ha portato esempio tramite l’esperienza didue aziende: la Tenuta Santa Scolastica e la Porto Felloni. La prima, azienda vinicola di Reggio Emilia, grazie ad un sistema avanzato di monitoraggio del vigneto per anticipare la formazione di patogeni e malattie della vite, è riuscita a ridurre l’uso di pesticidi, portando in cantina un’uva vergine, ossia non trattata, dal valore maggiore. La Porto Felloni, invece, è un’azienda agricola in provincia di Ferrara che, utilizzando i metodi innovativi dell’agricoltura di precisione da quasi 20 anni, ha una resa annuale superiore di quasi il 30% rispetto a quella registrata non solo nella provincia di Ferrara, ma nell’intera regione.

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