Sara, la voglia di essere italiani all'estero

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Caro GdB Twitter,
mi chiamo Sara, 30 anni, bresciana, mamma blogger, emigrata per seguire il marito a Londra. Come me, più di tre milioni e mezzo di persone. E nella stima non vengono contati militari, dipendenti statali delle scuole mandati in trasferta nelle scuole italiane all'estero, dipendenti delle ambasciate (tantissimi) e tutti gli altri stipendiati statali in missione all'estero per qualche motivo. Siamo tanti.

Solo con gli iscritti all'Aire siamo il 6% della popolazione italiana. Teniamo conto che nella stima non ci sono nemmeno gli Erasmus (evviva, neppure possono votare) e migliaia e migliaia di giovani che pur vivendo all'estero, magari da anni, per la troppa burocrazia (o magari per la speranza di ritornare presto in Italia), non si sono mai registrati all'anagrafe dei residenti all'estero. Per questo lunedì, noi italiani riuniti in un pub a Londra in attesa dei risultati ci siamo confrontati. E da tutti sono uscite critiche, di diverso tipo. Su tutte il fatto di avere pochi rappresentanti. E da qui la mia voglia di capire se era una lamentela tipicamente italiana (qua in Uk noi italiani veniamo considerati gente che si lamenta, a ragione purtroppo, anche di cose non vere). Invece stavolta il malcontento generale viene confermato dai numeri.
Senza contare che molti, pur avendo fatto richiesta di iscrizione all'Aire per tempo (noi l'abbiamo inoltrata ad agosto), non hanno potuto votare perché i tempi della burocrazia, pur essendo all'estero, rimangono tutti italiani. E di conseguenza niente tessera elettorale. Chissà quando la riceveremo noi: sei mesi sono passati, ma nemmeno l'ombra. E nell'era telematica è davvero assurdo.

Sul nostro blog arrivano costantemente mail di persone che vogliono capire come trasferirsi (nel mio caso a Londra). Ed è un blog personale. Non di informazione, ne di tematiche lavorative/di moda/altro.
Il mio progetto è quello di raccogliere le esperienze degli italiani all'estero, raccontare le loro storie agli italiani. Perché le storie dei miei «colleghi emigrati» possono insegnare che tutti hanno una possibilità di riscatto. Sarebbe bello in Italia, ma se così non può essere, si va all'estero. Con la speranza di tornare.
Sara Girelli

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