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«Dahongpao» il prezioso oro nero del mistico Wuji

Vengono dal montuoso Nord della provincia meridionale cinese del Fujian le foglioline che gli esperti considerano le migliori al mondo
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Tra i diplomatici accreditati a Pechino circola ancora oggi l’imperdonabile gaffe in cui incorse il presidente Nixon nel suo primo viaggio in Cina del 1972, culmine di quella fase di distensione tra le due superpotenze passata alla storia come «diplomazia del ping pong». Al termine d’uno degli incontri ufficiali, infatti, il presidente Mao donò al collega americano un pacchetto del peso di pochi etti che conteneva una manciata di foglioline arrotolate marroni di tè. E Nixon con una smorfia non riuscì a nascondere la sua perplessità e la sua delusione per il regalo.

Il Grande timoniere non disse nulla, ma attraverso i membri della sua delegazione fece sapere a Nixon che quel pacchettino era la metà dell’intera produzione annuale dei pochi cespugli di tè piantati nel periodo della dinastia Song (X-XII secolo) nella regione meridionale del Fujian alle pendici del nebbioso Wuji, sorta di montagna sacra con decine di templi alla sommità di altrettanti picchi.

Da allora quel tè, il Dahongpao, ha avuto notorietà mondiale e si fanno autentiche follie, spendendo migliaia di euro per garantirsi anche pochi grammi di foglioline provenienti dalle sole tre piante originali, rimaste abbarbicate ad una roccia e custodite come un santuario per la visita ogni giorno di migliaia di cinesi.

Piante che ormai danno frutto solo ogni 4/5 anni, ma che in compenso hanno originato le piantagioni che costellano oggi l’intera vallata e che sfruttano al meglio le peculiari condizioni climatiche della zona (la quota, le temperature mai troppo rigide, un’umidità spesso evidente con nebbia e nuvole basse insistenti). Di più: le foglioline raccolte (una volta all’anno a maggio) vengono lavorate in zona seguendo una procedura assolutamente originale, fatta di essiccatura dolce e tostatura delicatissima. Il frutto di tanto lavoro è un tè «oolong» (pronuncia ulong) ovvero semifermentato: per i profani un tè a metà strada tra la freschezza del verde e la fermentazione piena del nero, che vanta dunque la gran parte delle qualità dell’uno e dell’altro ed ha la straordinaria, rara qualità di mantenersi, ed in qualche caso migliorare con l’invecchiamento (anche 5/6 anni).

L’apertura del mercato cinese agli operatori occidentali fa sì che oggi si possa trovare Dahongpao praticamente in tutto il mondo, sia nella varietà più preziosa «oolong», sia in quella nera. E nonostante se ne producano quintali ogni anno resta il tè più prezioso del mondo, un must del gusto che scatena aste con offerte semplicemente pazzesche. Se infatti non è difficile reperire il frutto dell’ultima raccolta a meno di 15/20 euro all’etto, il prodotto invecchiato di alcuni artigiani solo pochi anni fa è stato venduto in America a poco meno di 200 dollari l’etto.

Gianfranco Bertoli

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