Scuola

Dal liceo all'Estremo Oriente per crescere

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Buongiorno, buonasera. D'accordo, non è proprio il modo canonico di avviare un'intervista; ma il fatto è che tra noi e gli intervistati ci sono la bellezza di 9.000 chilometri. Tutti tesi verso oriente: dal momento che le interlocutrici parlano da Ayutthaya, 70 chilometri sopra Bangkok (e sei ore in avanti rispetto agli orologi italiani), Thailandia. Marta e Dina, classe 1994, studentesse bresciane del liceo Calini l'una, Copernico l'altra si trovano nel Paese del sorriso grazie al programma Intercultura/Afs da tre mesi.
«Cento giorni», precisano. «Siamo partite quest'estate da Roma: i gruppi di ragazzi che partono con Afs - acronimo di «American Field Service», il servizio volontario di ambulanza che studenti americani organizzarono in Francia durante la Prima guerra mondiale, da cui ha avuto origine il programma di scambi, ndr - muovono tutti da là. Una notte a Roma, poi un'altra settimana a Bangkok, capitale della Thailandia, con i volontari e con altri ragazzi di varie nazionalità», tra cui un giovanissimo bresciano, Jean Efrem Nastasio del Copernico. Infine l'affidamento alle famiglie ospitanti, nelle varie città thailandesi. Marta a Chon Buri, sul Golfo di Thailandia; Dina a Ratcha Buri, nella parte occidentale del Paese. Ma come si vive in Thailandia? Come si mangia? E com'è la scuola, cosa significa fare parte di una famiglia thai?
«Qui è tutto completamente diverso, dall'orario di scuola, alle famiglie, al cibo... La cucina, tanto per cominciare, è a base di riso: in tutti i pasti, anche a colazione; ed è molto piccante». E poi: «Tempo due settimane, e la parola "normale" non ha più senso». Luogo cardine della loro esperienza è ovviamente la scuola. Marta studia alla Chonkanyanukoon School di Chon Buri, dove frequenta un English Program: lezioni d'inglese tenute da insegnanti stranieri: il suo soggiorno dura solo un semestre, ed ha bisogno di voti.
«All'inizio tutti ti cercano per parlarti o per osservarti - sei visibilmente diverso rispetto agli altri ragazzi, ti trovano bellissimo... Io ho persino un fan club!». Dina invece, frequenterà l'intero anno alla Ratchaburian School, e oltre all'English Program (per matematica, fisica e chimica) segue anche un Thai Program, che propone diverse attività culturali e creative, dai corsi di cucina alla danza thailandese, che «è bellissima! In questo tipo di danza sono importantissime le mani, quelle delle danzatrici sono incredibilmente flessibili: riescono a mandare indietro le dita sino a toccarsi il dorso... una compagna mi ha raccontato che da piccola sua nonna gliele tirava. Il guaio è quando cercano di tirarle a me!».
L'orario scolastico è più lungo del nostro: va dalle 8 del mattino alle 16, e si consuma il pranzo coi compagni di classe. E dopo la scuola? «I nostri coetanei thailandesi non hanno una gran vita sociale: passano la maggior parte del tempo a scuola, e i loro amici sono i compagni; non si esce la sera, nel fine settimana, fa parte della cultura locale: la loro idea di tranquillità consiste nel poter stare a casa senza far nulla». Passatempi a parte, si vive molto tempo in famiglia. Sono molto diverse le famiglie thailandesi, dalle italiane? «La differenza che si soffre di più all'inizio, è la mancanza di contatto fisico. Qui in Thailandia esprimere l'affetto con un abbraccio o un bacio è impensabile, anche tra parenti o nelle coppie: il gesto più affettuoso è appoggiare la mano sulla spalla dell'altra persona». «Nei primi tempi è molto strano, pensi quasi di aver fatto qualcosa di male... In realtà è solo questione di cultura: noi siamo abituati ai baci e agli abbracci, ma le cose non ce le diciamo; i thailandesi invece te lo dicono, che ti vogliono bene».
Dina mi parla poi della sua «mamma thai»: «Una volta mi ha detto che se sono qui, è perché in una vita passata (le famiglie delle ragazze sono buddiste, ndr) sono stata davvero sua figlia. Allora mi sono sentita davvero a casa!».
Quando ci colleghiamo però, Dina e Marta non sono a casa, ma presso un'hotel di Ayutthaya. Esatto, una delle città in questi giorni alluvionate, per via della stagione delle piogge. Sono lì da 10 giorni con altre nove studentesse Afs, per seguire un corso di massaggi thai. «É faticoso da fare! Noi abbiamo imparato la tecnica del massaggio-base: dura due ore e si lavora su tutto il corpo». Le scuole locali sono chiuse per le vacanze, così, dopo una gita a Pattaya, rinomata località balneare, le due ragazze bresciane hanno vissuto anche ore concitate, con la città di Ayutthaya allagata dall'uragano che ha investito la Thailandia. Ne parlavano le due giovani, al momento dell'intervista, con la tranquillità presumibilmente acquisita dagli autoctoni, che a quanto pare «hanno costruito i loro bei muretti davanti ai negozi per non far entrare l'acqua, e continuano a fare la loro vita come se niente fosse». Ultima domanda: c'è stato un momento in cui avreste voluto tornare? Ovviamente no.

Jennifer Riboli

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