Scienza

Lo sciacallo dorato torna sui monti dell’Alto Adige

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Nel corso delle ultime settimane è avvenuta prima in Alto Adige e successivamente in Trentino l’osservazione diretta dello sciacallo dorato (Canis aureus), resa possibile grazie al posizionamento di alcune trappole fotografiche.

I nuovi riscontri si aggiungono all’osservazione di un esemplare nel 2009 in val Pusteria, dove fu erroneamente abbattuto.

Gli esemplari osservati recentemente in val Venosta e in Valsugana testimoniano l'espansione verso occidente, in corso da circa tre decenni, di questa specie originaria dell’Asia e dell’Europa meridionale, strettamente imparentata con il lupo, la cui presenza è consolidata e studiata da diversi anni sul territorio del Friuli Venezia Giulia.

Lo sciacallo dorato ha forme simili a quelle di una volpe ma dimensioni notevolmente più grandi, e può essere confuso con un cane randagio magro o anche con un piccolo lupo.

Per tali motivi la sua presenza, e la scarsa conoscenza delle sue caratteristiche biologiche e comportamentali, può essere talvolta passata inosservata. Il ritorno dello sciacallo dorato sui territori delle province di Bolzano e di Trento, quest’ultima direttamente confinante con la provincia di Brescia, testimonia l’idoneità di queste zone ad accogliere alcune presenze faunistiche di notevole importanza non soltanto ecologica.

Quella dell’orso (Ursus arctos) ad esempio è ormai consolidata. Il progetto di reintroduzione è stato avviato nel 1999 dal Parco Adamello Brenta con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, ed è partito con il rilascio di alcuni individui provenienti dalla Slovenia.

Diverse sono le motivazioni che hanno convinto l’Unione Europea a finanziare il progetto: l’orso è una specie protetta a livello continentale oltre che italiano, la sua presenza testimonia l’elevato indice di naturalità di un territorio, rappresenta un importante riferimento storico e culturale, ha un grande valore emotivo, favorisce a livello ecosistemico la permanenza di altre importanti componenti ambientali.

Gli esemplari rilasciati nell'ambito del progetto di reintroduzione Life Ursus si sono riprodotti fino a costituire allo stato attuale un numero compreso oggi approssimativamente tra 40 e i 50 individui.

Si discute talvolta della pericolosità di questo animale, più presunta che reale, come si evince dai rarissimi episodi segnalati di aggressioni deliberate nei confronti dell’uomo sull'arco alpino e appenninico negli ultimi 150 anni.

L’orso bruno si mostra diffidente nei confronti dell’uomo, cerca di evitarlo e non attacca se non provocato. Situazioni potenzialmente pericolose possono derivare dall’incontro con individui feriti, femmine assieme ai cuccioli, esemplari intenti a nutrirsi, sorpresi all’improvviso o spaventati nella tana.

Le criticità reali maggiori derivano dai danneggiamenti che alcuni esemplari del plantigrado possono provocare su alveari o animali domestici, come accaduto all'inizio del mese di luglio ad un gregge di pecore sui monti di Corteno Golgi. Chi subisce danneggiamenti può comunque avviare le procedure di segnalazione per l'ottenimento di rimborsi.

Nelle ultime settimane altri esemplari dotati di radiocollare si sono mossi in alta val Rendena e in tutta la zona compresa tra le Dolomiti di Brenta e i massicci Paganella-Gazza e Monte Stivo.

Relativamente al lupo invece la sua presenza sul territorio trentino è documentata in modo continuativo nel corso degli ultimi quattro anni.

È stato ancora per mezzo di trappole fotografiche che si è potuta ottenere l’immagine di un esemplare nel mese di giugno in val d’Algone nella porzione più meridionale del gruppo del Brenta.

Nella vicina valle Ambiez il giorno precedente un’altra fototrappola ha ripreso un canide, e si ritiene che possa trattarsi dello stesso esemplare di lupo in corso di spostamento.

I dati raccolti nel corso dell’ultimo anno hanno consentito di confermare anche la presenza della lince, che ha frequentato una zona estesa tra la val Daone, le valli Giudicarie e il territorio della provincia di Brescia.

Signori delle montagne e dei boschi, che trovano nuovi spazi nella natura e cercano accoglienza da parte dell'uomo. Sono una ricchezza (anche turistica) per il territorio e non un onere e questo molti dovrebbero finalmente metterselo in testa, anche se è difficile convincere chi non ascolta.

Ruggero Bontempi

 

 

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