Scienza

I tatuaggi di Ötzi: terapia degli antichi

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Quante sorprese saranno ancora in grado di regalare gli studi sulla mummia di Ötzi? Quali misteri rimangono ancora da svelare analizzando le pieghe del suo corpo?

Le domande sorgono spontanee in riferimento alle ultime interessanti scoperte recentemente divulgate dall’Accademia Europea di Bolzano EURAC, impegnata in ricerche paleopatologiche sul territorio dell'Alto Adige.

Ötzi, altrimenti conosciuto anche come uomo venuto dal ghiaccio o uomo del Similaun, è diventato in poco tempo una delle mummie più importanti e più famose del mondo. Per questo sono sempre numerose le persone che ogni anno si recano ad osservarlo all'interno del Museo Archeologico dell'Alto Adige di Bolzano. Qui è stata appositamente allestita per accoglierlo una cella frigorifera dotata di un sofisticato sistema di refrigerazione e di controllo dell’umidità relativa, al fine di ricreare le originarie condizioni di conservazione del ghiacciaio sul quale è stato ritrovato.

Sono trascorsi oltre ventitre anni dal giorno in cui, a conclusione della stagione estiva del 1991, due escursionisti di origine tedesca si imbatterono nei resti di un corpo umano mentre percorrevano una scorciatoia lungo il sentiero di collegamento tra la Punta di Finale e il rifugio Similaun, nel gruppo delle Alpi Venoste. Nelle settimane successive si verificò mediante misure di precisione che la località del ritrovamento è collocata sul territorio italiano, e dista meno di cento metri dalla linea di confine con quello dell’Austria.

Scartata l’ipotesi iniziale che tali resti potessero appartenere a un alpinista scomparso in quella zona molti anni prima e mai più ritrovato, la salma venne recuperata per mezzo di un elicottero e trasportata, assieme ai reperti trovati nelle sue vicinanze (frammenti di corda, un'ascia con il manico di legno, lembi di pelliccia e ciuffi di capelli), all’Istituto di Medicina Legale di Innsbruck. Qui le prime analisi condotte dall'archeologo Konrad Splinder misero subito in luce l'eccezionalità del ritrovamento, che due giorni più tardi fu osservato anche dai due celebri alpinisti Reinhold Messner e Hans Kammerlander, casualmente impegnati in un’escursione in quell’area, che contribuirono ad accrescere l’interesse per la notizia.

L’attenzione degli studiosi si concentrò anche sui tatuaggi presenti su diverse zone del corpo di Ötzi. Grazie all’utilizzo di una sofisticata tecnica fotografica Marco Samadelli, ricercatore dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’Eurac, è riuscito recentemente a operare nuove indagini di dettaglio sulla pelle dell’uomo venuto dal ghiaccio, e a mettere in evidenza la presenza di ben 61 tatuaggi, tra i più antichi al mondo su un corpo mummificato. Assieme a quelli osservabili ad occhio nudo all’epoca del ritrovamento, già questi di non immediata individuazione a causa del colore scuro della cute, l’utilizzo di strumentazione rigorosamente non invasiva ha permesso di svolgere una mappatura più accurata di tutti i disegni corporei.

I 61 tatuaggi identificati sul corpo di Ötzi sono composti da linee con una lunghezza che va da 7 millimetri fino a 4 centimetri, nella maggior parte dei casi disposte in modo parallelo in gruppi di due, tre o quattro linee. Una delle scoperte recenti più interessanti è quella di un nuovo tatuaggio osservato sul basso torace a destra, in una posizione insolita rispetto a quella degli altri disegni, collocati soprattutto sugli arti inferiori, nella zona tra il ginocchio e il piede.

Mentre alcuni studiosi in passato avevano formulato l’ipotesi, basata sulla loro posizione, che la funzione dei tatuaggi potesse essere riconducibile a un trattamento terapeutico per il controllo del dolore delle articolazioni, questo nuovo disegno rinvenuto sul torace ha riaperto il dibattito sull’utilizzo dei tatuaggi in epoca preistorica. I risultati ottenuti grazie a queste recenti indagini hanno consentito di mettere a disposizione degli scienziati nuovi elementi conoscitivi per comprendere se, all'epoca di Ötzi, i tatuaggi fossero impressi con finalità di carattere terapeutico, religioso o simbolico.

La datazione della mummia fu ipotizzata inizialmente sulla base della sola osservazione della tipologia di ascia utilizzata, quindi nei mesi successivi fu effettuata anche con il radiocarbonio. La formulazione della datazione è collocata in un periodo che risulta compreso tra il 3350 e il 3100 avanti Cristo, del quale non si conosceva in tutto il mondo nessun ritrovamento umano in analogo stato di conservazione.

Ruggero Bontempi

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