Scienza

Fusione fredda. Una scintilla fa luce a Bologna

L'esperimento di Andrea Rossi e Sergio Focardi desta molto interesse
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È scoccata una scintilla in via dell'Elettricità a Bologna dove l'ingegner Andrea Rossi ed il suo advisor scientifico, il professor Sergio Focardi, il 14 gennaio scorso, con un esperimento che ha destato molto interesse sembrano aver concretizzato il sogno di produrre energia attraverso un processo di fusione, nome generico attribuito a reazioni di presunta natura nucleare, che si produrrebbero a pressioni e a temperature molto minori di quelle necessarie per ottenere la fusione nucleare calda, per la quale sono invece necessarie temperature dell'ordine del milione di kelvin.
Il punto di partenza della ricerca portata avanti a Bologna ha radici nel 1989 quando, dopo alcuni esperimenti, i due elettrochimici Martin Fleischman e Stanley Pons annunciarono di avere ottenuto un risultato base di «fusione fredda». Ed il punto di partenza di questa ricerca è proprio il lavoro presentato vent'anni fa da Pons e Fleischman e dal loro esperimento che l'ingegnere Rossi è ripartito, pur seguendo altre strade.
I materiali di partenza del processo sono il nichel e l'idrogeno. Focardi tenta da anni di spiegare le anomalie energetiche che si manifestano nel contatto fra nichel e idrogeno, fenomeno, peraltro, noto già dal 1936 e trascurato poiché non si ravvide un interesse pratico.
L'E-Cat (Energy Catalyzer), così è stato battezzato il «reattore bolognese», fonde atomi di nichel e idrogeno generando rame di scarto e liberando energia. Per la sua accensione sono necessari 1000W per scendere, dopo pochi minuti, a 400W ed è utile a produrre 12400W con un guadagno energetico almeno trenta volte superiore alla potenza in entrata.
La comunità scientifica è già divisa tra scettici e possibilisti. Il problema? Nemmeno gli inventori del catalizzatore di energia sono in grado di spiegare il principio teorico su cui si basa la loro tecnologia. La reazione fra nichel ed idrogeno infrange un paio di regole della fisica classica comportando un qualche tipo di... resistenza da parte della comunità scientifica.
Il 29 marzo è stato nuovamente riprodotto un esperimento dell'E-Cat alla presenza di accademici svedesi che hanno mostrato molto interesse, avanzando l'ipotesi di studi e partnership con l'Università di Bologna proprio per cercare di spiegare l'unione tra atomi di nichel e idrogeno. Il prof. Essén dello Swedish Royal Institute of Technology e Sven Kullander, professore emerito alla Uppsala University, dopo aver assistito all'esperimento hanno espresso la volontà di approfondire. L'esperimento di Bologna sembra aver dato vigore ad un tema trascurato da troppo tempo.
Dopo il disastro accorso alla centrale nucleare giapponese, la scoperta di Rossi e Focardi rappresenta comunque un contributo sulla strada che potrebbe - in futuro - portare ad passo avanti verso la produzione di energia in condizioni di sicurezza.
Per la prima volta si configura la possibilità di produrre reattori nucleari di dimensioni ridotte e con rischi contenuti, grazie alla scrematura al piombo che avrebbe dimostrato di contenere la diffusione di raggi gamma. Dobbiamo infatti ricordare che anche la fusione fredda può implicare la necessità di ricorrere ad impianti con standard di sicurezza avanzati. Per ora gli esperimenti di Bologna non hanno rivelato emissioni radioattive.
Se l'esperienza di Bologna sia concreta lo dovranno dimostrare gli ulteriori accertamenti. Certo, l'Italia dovrebbe mostrare almeno lo stesso interesse della Svezia.

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