Scienza

F35 sì o no, non solo in Italia

La politica: è troppo costoso. Ma i nostri aerei d'attacco sono in linea da 30 anni
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In tempi di crisi, un programma come quello dell'F35 che all'Italia dovrebbe costare quasi 15 miliardi di euro (spalmati in oltre vent'anni) fa sensazione. Il costo di ogni aereo (compresi ricerca, sviluppo e produzione) è indicato dal Pentagono in 112 milioni di dollari (90 milioni di euro), ma Lockheed assicura che, in produzione, i costi dovrebbero scendere del 20%. Si tratta di somme rilevanti, facili da usare a sensazione («col costo di un F35 potremmo costruire 20 treni, 30 asili nido», ecc.).

Ma la questione va affrontata su base oggettiva. L'Italia non uscirà dalla Nato e continuerà, nell'ambito di coalizioni, a recitare ruoli internazionali anche militari (vedi Libia): la nostra Aeronautica dovrà perciò sostituire, in dieci anni, tutti gli aerei da attacco, come il Tornado (in servizio da 30 anni, ne sono rimasti circa 60, aggiornati), l'Amx (una 50ina, standard Acol, in servizio da 25 anni) e la Marina i suoi AV8B Harrier II (sono 16), gli unici a decollo corto ed atterraggio verticale in grado di operare dalle portaerei Garibaldi e Cavour, prive di catapulte.

Ecco, quindi, che il numero di 131 F35 pensato all'origine acquista un senso. È vero, però, che, alla luce degli attuali scenari economici, le nostre forze aeree dovranno contrarsi (anche i caccia Eurofighter, che dovevano essere 121 sono diventati 96): così è probabile che gli F35 diventeranno 70 per l'Aeronautica e 20 per la Marina. Un risparmio di 4 miliardi: ma bisognerà alla fine fare i conti, spalmando i costi di sviluppo su un minor numero di aerei e vedendo quale sarà la convenienza di aver allestito a Cameri una linea di montaggio e manutenzione per l'F35, visto che Olanda e Norvegia nutrono dubbi sulla convenienza di dotarsene e che i loro aerei dovrebbero essere allestiti in Italia.

ma. c.

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