Scienza

Buste biodegradabili: sull’ambiente l’Italia è divisa

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Le buste di plastica per la spesa, quelle che restano nell’ambiente da un minimo di 15 anni a un massimo di mille inquinando mari, fiumi e boschi, sono fuori legge in Italia dal primo gennaio 2011.

Eppure, a quattro anni di distanza, nei supermercati si trovano ancora. A scovarle è stata Legambiente, che ha condotto un’indagine in sette regioni italiane e ne ha promosse solo due, al Nord.

Su 37 sacchetti prelevati dall’associazione ambientalista in diversi punti vendita della grande distribuzione organizzata, sono 20, pari al 54% del totale, quelli risultati non conformi alla legge.

Una «questione molto seria», la definisce il presidente della commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci, che per fare «piena luce» ha depositato una interrogazione ai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo.

Il monitoraggio, condotto tra la fine di novembre 2014 e le vacanze natalizie, ha portato a individuare buste illegali - simili a quelle biodegradabili e compostabili consentite dalla legge, ma sprovviste di queste due caratteristiche - in 7 punti vendita della Campania, 6 della Basilicata, 3 della Puglia e della Calabria e uno laziale. Promosse Lombardia e Veneto.

«Siamo di fronte a un diffusa situazione di illegalità, e questo è evidente nonostante abbiamo evitato di fare verifiche sui tanti piccoli negozi commerciali e sui mercati rionali, dove la situazione è visibilmente più grave, anche a causa di una azione capillare da parte di alcuni distributori che vendono anche online sacchetti palesemente fuori legge», spiega il vicepresidente di Legambiente, Stefano Ciafani.

Eppure le multe sarebbero abbastanza salate da poter scoraggiare chi vuole trasgredire. Per chi commercializza sacchetti non conformi o falsi bioshopper, dal 21 agosto scorso le sanzioni vanno da 2.500 a 25.000 euro, e la multa può essere aumentata fino al quadruplo, cioè fino a 100mila euro, se la violazione riguarda quantità ingenti di sacchi.

«È arrivato il momento di far rispettare una legge che permette di ridurre l’inquinamento da plastica, di migliorare la raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti e la produzione di compost di qualità, promuovendo la riconversione industriale verso processi innovativi di chimica verde da fonti rinnovabili», sottolinea Ciafani. Una legge «importante», ribadisce Realacci, «che ha posto il nostro Paese all'avanguardia in Europa», ma che «in assenza di controlli rischia di essere vanificata».

I sacchetti monouso biodegradabili e compostabili conformi alla legge, utilizzabili anche per la raccolta della frazione organica, devono avere la scritta «biodegradabile e compostabile», la citazione dello standard europeo «Uni En 13432:2002» e il marchio di un ente certificatore che tutela il consumatore come soggetto terzo.

Le buste che non riportano queste specifiche danno un’informazione sbagliata e non sono conformi alla legge, così come non lo sono gli shopper con il simbolo del polietilene, sia semplice che a bassa o ad alta densità, con la scritta «biodegradabile» o «biodegradabile secondo il metodo Uni En Iso 14855».

Le buste in plastica tradizionale sono ancora consentite, ma a patto che siano riutilizzabili e non monouso. La legge n. 28 del 2012 in questo è molto precisa, permettendo la vendita di shopper «che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 200 micron se destinati all'uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi», o «maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore ai 100 micron se destinati all’uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi».

La differenza sostanziale tra plastica e bioplastica qual è? La plastica tradizionale è fatta con il polietilene, che è di origine prevalentemente petrolifera (più del 95%). Questo è un materiale che viene definito biofobico, nel senso che, non esistendo in natura prima di 50 anni fa, la natura non ha selezionato microrganismi in grado di aggredirlo.

Scaricato nell’ambiente, uno shopper tradizionale resiste centinaia di anni (o migliaia, secondo alcuni); quindi l’accumulo è inevitabile. Le plastiche biodegradabili e compostabili sono invece principalmente poliesteri, vengono ottenute da carbonio non fossile, e hanno una struttura chimica che le rende aggredibili dai microrganismi. In questo modo avviene il processo che porta alla biodegradabilità dei bioshopper con minime conseguenze sull’ambiente.

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