Scienza

Biologia. Esami del sangue per il «Tyrannosaurus rex»

Una docente della North Carolina State University ha individuato nei fossili alcune particelle su cui lavorare.
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Globuli rossi, proteine, vasi sanguigni e fibre di piume da fossili di dinosauri: si tratta di una scoperta straordinaria alla quale è pervenuta la biologa Mary Schweitzer, docente della North Carolina State University, dopo 20 anni di studi spesi a chiarire la natura di alcuni elementi trovati quasi casualmente in frammenti ossei fossilizzati.
La Schweitzer, come spiega in un articolo apparso sull'ultimo numero dell'edizione italiana di Scientific American, è riuscita così a confutare una delle certezze granitiche della paleontologia, secondo la quale tessuti molli e molecole organiche non si conservano durante i processi di fossilizzazione, perché varie sostanze inerti minerali, quindi inorganiche, provenienti dall'ambiente nel quale l'animale viene a trovarsi dopo la sua morte, sostituiscono gradualmente tutte le molecole organiche dell'organismo. Per quel che si sapeva, quindi, tracce organiche potevano permanere al massimo per qualche migliaio di anni, ma non per milioni di anni. La biologa americana scoprì per la prima volta nel 1992 sferette simili a globuli rossi in ossa di un Tyrannosaurus rex estratto da rocce del Montana. I test spettroscopici ed immunologici sempre più elaborati compiuti in diversi laboratori nel corso di questi anni hanno dimostrato che le sferette erano costituite effettivamente da emoglobina, componente essenziale dei globuli rossi.
Allo stesso modo la biologa ha evidenziato la presenza di alfa e beta-cheratina in un residuo della guaina proteica che copriva gli artigli di un Rahonavis ostromi, un uccello vissuto in Madagascar 70-80 milioni di anni fa. Anche lo Shuvuuia deserti, un piccolo dinosauro carnivoro che abitava in Mongolia tra gli 83 e i 70 milioni di anni fa, ha restituito fibre di una piuma e un Brachylophosaurus canadiensis osteociti e collagene. La scoperta più entusiasmante, però, è stata fatta sul T.rex più antico finora estratto: il T.rex classificato come MOR 1125 e soprannominato Brex, recuperato dalla Hell Creek Formation del Montana nel 2003, vecchio 68 milioni di anni.
Uno scheletro perfettamente conservato, tanto che in un suo femore la biologa ha potuto identificare con certezza uno strato di osso midollare, un particolare tessuto ricco di canali vascolari che compare solo per breve tempo anche negli attuali uccelli quando una femmina si prepara a deporre le uova: quindi Brex era femmina e stava per depositare le sue uova. Da questo tessuto sono state isolate strutture riconducibili a capillari sanguigni. Ma Brex aveva conservato anche osteociti e collagene. Gli scenari che questi studi aprono sono straordinariamente stimolanti: senza spingerci a prefigurare situazioni da Jurassic Park, appare evidente l'importanza di poter studiare proteine e sostanze organiche di queste grandi creature, ricostruendo ad esempio le sequenze amminoacidiche tipiche delle diverse specie. Con la speranza che un giorno un fossile ci regali tracce di Dna.

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