Pazienti oncologici contro la «migrazione sanitaria»

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Mentre l’aula del Senato continua l’esame del ddl di riforma che prevede anche la revisione del Titolo V della Costituzione, Salute Donna onlus presenta il «Manifesto per i diritti dei pazienti oncologici», promosso con altre Associazioni per richiamare l’attenzione delle istituzioni sull’importanza di salvaguardare l’uguaglianza nell’accesso alle prestazioni sanitarie, nel rispetto dei principi costituzionali. Chiediamo ad Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna, i motivi dell’iniziativa.

Salute Donna onlus, insieme ad altre Associazioni di pazienti oncologici, ha deciso di mobilitarsi perché continuiamo a riscontrare troppe, inaccettabili differenze nella qualità dell'assistenza sanitaria da Regione e Regione, che alimentano il drammatico fenomeno della migrazione sanitaria. Negli ultimi anni si sono acuite, invece di ridursi, differenze storiche tra le Regioni, che oggi pesano su centinaia di migliaia di pazienti oncologici. Un passaggio fondamentale è stato, nel 2000, la revisione del Titolo V della Costituzione, che ha delegato completamente alle Regioni la gestione delle politiche sanitarie. Il risultato è che un paziente oggi riceve un'assistenza più o meno buona a seconda delle Regione in cui risiede o, addirittura, a seconda della struttura da cui è seguito. Si è determinato, in oncologia come in molte altre specialità, un autonomismo esasperato in base al quale ogni struttura segue il suo indirizzo e non vi è certezza dell'applicazione delle Linee Guida o delle raccomandazioni delle società scientifiche europee riguardo ai protocolli clinici, alla diagnosi, ai trattamenti farmacologi. Tutto questo accresce le differenze, penalizza alcune aree del Paese e ha come risultato vere e proprie fughe verso il Nord dalle Regioni meridionali, da parte di cittadini che non trovano sul loro territorio risposte alle esigenze di cura delle patologie oncologiche. E adesso temiamo che tali disuguaglianze possano aumentare ancora in assenza di regole chiare sull'attribuzione delle competenze tra Stato e Regioni in materia di Sanità nella riforma del Titolo V della Costituzione e sulla Direttiva europea per l'assistenza sanitaria transfrontaliera.

Quali conseguenze ha la migrazione sanitaria?

La migrazione sanitaria è causa di disagi enormi per il paziente e per le famiglie, a maggior ragione quando non è il frutto di una libera scelta, ma è resa necessaria dalle carenze nell'offerta di servizi e prestazioni sanitarie sul territorio di residenza. Pensiamo a una persona che ha già vissuto il trauma di una diagnosi di una patologia oncologica e che ha davanti a sé, come prospettiva a breve termine, un intervento chirurgico, la chemioterapia e la convalescenza. A tutto questo si aggiunge l'allontanamento dal proprio contesto familiare e il venire meno del senso di sicurezza offerto dalla vicinanza ai luoghi e alle persone che si conoscono. La stessa esperienza coinvolge il parente o conoscente che deve separarsi dalle proprie attività per accompagnare il paziente. Ma questo è solo un aspetto. Vi è poi l'impatto economico legato alle spese di trasferimento e di soggiorno, che è devastante per famiglie con reddito medio, per non parlare delle centinaia di migliaia di persone che in questa fase economica vivono il dramma della perdita del lavoro o la riduzione delle entrate. Basti pensare al semplice costo di un viaggio andata e ritorno per due persone da Roma a Milano. E poi i costi per il soggiorno.

In questo modo, senza un sostegno da parte dello Stato alle famiglie che devono fare fronte a queste spese extraospedaliere, il diritto di curarsi in altre Regioni o addirittura all'estero è puramente teorico: nella realtà è un lusso che possono permettersi solo persone con un certo reddito. Quindi, le persone benestanti possono curarsi al meglio. Tutti gli altri, la maggioranza, devono accontentarsi delle prestazioni offerte dalla Sanità del territorio, anche quando non sono adeguate, o in alternativa, affrontare gravi privazioni, indebitarsi per sostenere le spese di viaggio.

Perché ritenete che queste differenze possano adesso essere ulteriormente accentuate con l’entrata in vigore della Direttiva europea 2011/24/UE, che prevede la mobilità sanitaria transfrontaliera?

Perché questa Direttiva, che sulla carta riconosce il diritto per tutti i cittadini europei a essere curati in qualsiasi Paese dell’Unione europea, in Italia è stata recepita senza norme d'attuazione che indichino percorsi univoci e uniformi a livello nazionale per avvalersi di tale diritto.

E quindi, ancora una volta, potrebbero riproporsi differenze tra Regioni che concedono l'autorizzazione in tempi lunghi o brevi, che prevedono procedure più o meno complesse e così via.

Ma soprattutto, e a maggior ragione, a pesare è l'aspetto economico legato ai costi da sostenere per la trasferta. Quindi l’entrata in vigore della Direttiva potrebbe peggiorare le disuguaglianze sopra menzionate, favorendo un flusso migratorio dall'Italia verso altri Paesi europei solo a vantaggio delle fasce sociali ad alto reddito, penalizzando invece le persone con scarsa disponibilità economica e rendendo legittima la differenziazione di trattamento, in contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione della Repubblica italiana.

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