Cultura

Scintillante rilettura di un classico

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S’intitola «Tamerlano», ma la vera figura eroica di quest’importante opera handeliana è Bajazet, sultano turco sconfitto ad Ankara nel 1402. Nulla a che fare con il Bajazet della fortunata tragedia eponima di Jean Racine, anch’egli un personaggio storico, ma vissuto due secoli più tardi. Il melodramma di Handel si basa invece su un libretto di Agostino Piovene, riveduto nel 1724 da Nicola Haym per le esigenze del pubblico londinese nei bei tempi in cui anche in Inghilterra si cantava in italiano. All’origine di questo soggetto si poneva, a sua volta, un’altra tragedia francese: «Tamerlan ou La mort de Bajazet» (1675) di Jacques Pradon. Proprio la morte di Bajazet, che alla fine decide di togliersi la vita per non subire le umiliazioni del trionfatore Tamerlano, rappresenta l’elemento drammatico più rilevante della pièce. Ed è così anche in Handel, per quanto le convenzioni dell’opera in musica settecentesca imponessero generalmente un lieto fine.

Nel finale del «Tamerlano» le coppie si ricompongono, ma nella scena che precede l’apparente «happy ending» ha luogo lo sconvolgente suicidio di Bajazet. Handel, con il suo istinto teatrale di prim’ordine, non cade nella trappola delle più banali consuetudini e nell’intenso recitativo accompagnato del morente presenta soluzioni che sembrano precedere di un secolo il finale tragico del «Tancredi» di Rossini.

La nuova incisione discografica - in 3 CD - del «Tamerlano» proposta da Riccardo Minasi alla testa dell’ensemble «Il pomo d’oro» è brillante e si affida a un cast di ottimo livello. L’energia musicale dell’esecuzione rende onore alla robusta ispirazione handeliana ed alla sua scrittura per virtuosi.

Marco Bizzarini

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