Cultura

Quelle estatiche curve dell’improvvisazione

AA

Una stupefacente linearità. Che ti porta a domandarti: ma che ci vuole a fare un bel cd? Sax, basso e batteria. Un giochetto da ragazzi.

Ci avete creduto? Avete fatto male, le cose non stanno proprio così, anche se il nuovo disco in studio del trio formato da Ohad Talmor, Steve Swallow e Adam Nussbaum somiglia davvero ad un lavoretto di facile facile. Perché le composizioni si arrampicano suadenti sulle spalle di John Coltrane e Lee Konitz, utilizzando - metaforicamente, ma non troppo - le spalle di questi due giganti come punto di osservazione privilegiato su un mare di note messe lì a decantare, come gemme prossime alla fioritura («Ups and Downs»), da attendere con la pazienza dei saggi.

Più calmo rispetto al precedente «Playing in Traffic», «Singular Curves» predilige i tempi appoggiati, con solo una piccola (ubriacante) eccezione poliritmica, con Nussbaum che se la spassa nella scoppiettante «Then Again». Ma sono solo fuggevoli increspaure sulla superficie dell’attesa, segnata dal basso di Swallow in «Carolina Moon» - meglio non fare commenti, questo brano va solo ascoltato - o dal riff di sax di Talmor nella efficace «Get Lost».

Se poi c’è un brano in cui lo spirito coltraniano è davvero evidente, questo è «Parallel Fifths», dove rivive la spiritualità, ma non il sacro fuoco del nume tutelare dei tenoristi di ogni galassia.

Insolitamente ricco di brani (sono ben 13), «Singular Curves» propone ritmo, melodia, svolazzi ironici e senso di libertà. C’è il tempo di sorridere con l’episodio di «Warp» o di cercare la quadratura... del jazz con «Meli Melo». Con una sezione ritmica tirata a lucido, Talmor si muove con arguzia, «raddrizzando» sornione le curve delle note. ramp

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