Cultura

Per fortuna Carmen ha «L’abitudine di tornare»

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Per fortuna che, come affermava con il titolo del best of uscito 5 anni fa, Carmen Consoli non è «Per niente stanca». E che, sebbene dopo una pausa non breve («Elettra» è del 2009), ha «L’abitudine di tornare». La Cantantessa l’ha fatto con un album che si apre con una title-track favolosa. Il primo singolo, pubblicato a fine novembre, è l’inno definitivo dell’amore rassegnato dell’amante: scrittura matura, melodia vincente al primo ascolto e voce calibrata che smussa le «inarcature» che sono state uno dei suoi tratti distintivi da «Amore di plastica» in poi.

La scrittura ispiratissima - di musica e parole - è tratto distintivo di tutto «L’abitudine di tornare». Un lavoro da cui si potrebbero estrarre singoli e singoli senza sbagliare mai. Un album che dopo la sfavillante apertura prosegue per immagini tratteggiate tra la tradizione e i ricordi («Ottobre») e un’amore i cui titoli di coda arrivano tra discorsi sui finanziamenti a tasso agevolato e il sonno che coglie al quarantesimo di Roma-Lazio. Accade in «Sintonia imperfetta», in cui Carmen cita anche il classico della canzone italiana «Voglio vivere così». Mentre i ritmi si abbassano per raggiungere il passo da ballad, in «Esercito silente» la siciliana trova le parole per parlare in modo non scontato di uno «Stato assai spiacente che posa una ghirlanda tricolore con su scritto "assente"» e per chiedersi se «il buon Dio perdonerà Palermo». «La signora del quinto piano» offre invece un rock paranoico velato da sintetizzatori che ricorda certi Bluvertigo. Le pupille si dilatano e i muscoli si distendono in «Oceani deserti», mentre «E forse un giorno» è l’inno al contempo malinconico e arioso che reclama la «santa pazienza» da portare davanti al disfacimento di una vita senza lavoro, con i figli cui si chiede ancora e ancora di «stringere i denti». L’amore sgualcito e trafitto dal sole di una domenica di febbraio pervadono «San Valentino», mentre «La notte più lunga» mescola una strofa alla Paolo Conte di «Via con me» e un inciso aperto e malinconico, prima della minuta poesia di «Questa piccola magia».

Trafitto dalla luce del sole che viene evocato dai testi e da molti dei suoni, scritto da una penna che non sbaglia un verso, cantato da una voce matura e consapevole. Ecco il primo grande disco italiano del 2015.

Daniele Ardenghi

 

 

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