Cultura

Estetico ed edonistico: in foto il cibo è «bello»

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«Nella mostra "Il cibo nell’arte" i poveri sono brutti e cattivi - osserva Ken Damy -. Qui, come sempre nelle mie mostre, c’è la ricerca della bellezza estrema». Lo dice di fronte ai viraggi a mano di William Ropp, ai fogli originali, delicatissimi, di Lieve Prins («quella che ha fotocopiato le figlie», per capirci), alle composizioni ittiche di Javier Silva Meinel, alle fotografie di Lynn Bianchi, Renato Corsini, Fabrizio Garghetti, Steve McCurry. Ken Damy ha apparecchiato la tavola di corsetto Sant’Agata, Spazio Contemporanea e Museo al primo piano. Le antenne si drizzano subito: che anche lui voglia cavalcare l’onda Expo? «È naturale - ammette Ken Damy -. L’occasione è quella; ma ho voluto dare una mia versione». Versione che vuole per un attimo oscurare la trita fotografia di reportage su cibo e abitudini culinarie. «Troppo facili le foto di siccità, contadini e denutrizione. C’è anche qui, ma poco, e solo nell’ala iniziale». Un «poco» sempre relativo, e soprattutto non qualitativo: Nino Migliori, Henri Cartier Bresson, Leo Matiz. Il Messico di Tina Modotti, quello delle esposizioni delle pannocchie più rigogliose, orgoglio contadino d’altri tempi.

Ma ad ispirare l’esposizione non sono loro, pur nell’apogeo dei fotografi: sono Mario Giacomelli e Olivier Chistinat. Le loro nature morte rendono il cibo soggetto estetico ed edonistico. Perché il cibo è bello. Ken Damy lo fa vedere, in effetti. Drew Barrymore tra i pompelmi-seno di LaChapelle, i monocromi d’uova e d’uvetta di Sandy Skoglund, la «storia del bere in Cecoslovacchia» di Jan Saudek: è bellezza. E anche quando le immagini sono borderline tra il descrittivo e l’artistico non scivolano nella commozione del reportage: la forma sa anche superare la sostanza. Anche Ken Damy, poi, s’è appeso alle pareti: muro intero per lui e per la sua Serena (Gallini, anche lei in mostra), che allatta Bianca tra le mura candide di Lanzarote. «Madre-Ma-Donna». Gioca con le parole e ironizza la classica maternità con la Madonna sofferente. Il seno diventa food; fast-food quando Bianca, sulla parete di fronte, non trova la posizione, si arrabbia, e si rilassa solo quando assapora il latte. Lì vicino anche Sara Saudekova, moglie di Jan Saudek, allatta, autoritraendosi. Mentre con Alma Davenport la donna diviene carne, cruda e crudele. C’è anche crudeltà oltre la bellezza, quindi. Crudele, ma dignitoso, è in effetti il pranzo al centro pane dei poveri di Uliano Lucas; o l’Etiopia di Mario De Biasi. «La questione è irrisolta, ma pensiamo solo a Salgado - punzecchia Ken Damy -. Molti fotogiornalisti lo ritengono troppo estetizzante anche nelle situazioni drammatiche. Per me è il più bravo, punto». Tra le ultime immagini, quella di un bimbetto nella Russia degli anni Settanta, scatto di Romualdas Rakauskas. Strada di campagna, coniglietto in mano. Stesso discorso. «Mi hanno detto che sono cattivo. Secondo voi, ci giocava con quel coniglietto? Provate voi ad affezionarvici».

Sara Polotti

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