Cultura

Da letterato da Nobel a reietto per nazismo

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Hamsun Knut, premio Nobel alla letteratura nel 1920, conquistò la fama mondiale con il romanzo «Fame» («Sult» il titolo in norvegese), ma il sostegno al governo nazional-socialista di Vidkun Quisling (ufficiale dell’esercito norvegese e fondatore nel 1933 del «Nasjonal Samling», ovvero il partito fascista norvegese) e alla Germania di Adolf Hitler non fece altro che giocare a suo sfavore.

«Per i sentieri dove cresce l’erba» scritto nel 1948, è un’intensa autobiografia edita in Italia dalla Fazi, che l’autore mise su carta dopo il suo arresto e processo con l’accusa di tradimento. Il quasi novantenne Knut venne catturato come un criminale, messo in un ospizio, e fu anche internato in un ospedale psichiatrico dove gli venne tolta qualsiasi cosa.

Qui il premio Nobel era solo, lontano da tutto e da tutti. Un senso di isolamento forzato reso ancora peggiore dal completo divieto di leggere quotidiani, dall’impossibilità di conoscere la cronaca relativa al suo processo e di incontrare persone (gli unici umani presenti erano pazienti e lo schivo personale medico).

Uscito, a conseguenza di una profonda depressione, dall’ospedale per malati mentali, lo scrittore tornò a soggiornare nella casa di riposo di Grimstad, ma nessuno lo sostenne in alcun modo durante l’attesa del giudizio finale.

Le sue scelte politiche passate non avevano fatto altro che allontanare da lui la popolazione norvegese e nel libro sono pochi i contatti interpersonali che l’autore ebbe tra il 1945 e il 1948.

Knut scelse di schierarsi dalla parte politica sbagliata (il Nazionalsocialismo e Hitler), parte politica che nel tempo essa dimostrò la sua natura maligna e crudele. Per aver scelto questa via lo Stato norvegese accusò il romanziere e lo processò anni dopo che quel Male venne sconfitto, a dimostrazione del fatto che dimenticare certe atrocità storiche attuate dal genere umano è praticamente impossibile.

«Per i sentieri dove cresce l’erba» di Hamsun Knut è un intenso diario più che di uno scrittore, di un uomo solo, sordo, quasi cieco e stanco che in queste pagine ripensa con malinconia ai viaggi in America, alle esperienze letterarie, alle scelte sociopolitiche del passato e agli effetti inaspettati che esse scatenarono nella popolazione norvegese.

Viviana Filippini

 

 

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