Cultura

Buozzi, un riformista per la giustizia sociale

Leader sindacale, dirigente del Partito socialista, martire antifascista: Buozzi è tra le figure principali del movimento operaio
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Leader sindacale, dirigente del Partito socialista, martire antifascista. Bruno Buozzi è una delle figure principali del movimento operaio italiano del Novecento. Capo della potente Fiom (la Federazione italiana operai metallurgici) dal 1911, ultimo segretario della Confederazione generale del lavoro nel 1925 prima della repressione fascista, padre della Cgil unitaria nel 1944 con il comunista Giuseppe Di Vittorio e il cattolico Achille Grandi. Un socialdemocratico cresciuto alla scuola di Filippo Turati e Claudio Treves, un uomo politico ed un sindacalista che non credeva nella violenza e nell’estremismo. Un riformista insomma, convinto che la lotta per la giustizia sociale andasse combattuta con i mezzi della democrazia, giorno dopo giorno, confidando nella gradualità delle conquiste, senza farsi fuorviare da inesistenti scorciatoie rivoluzionarie. E per tutto ciò tanto amato quanto odiato nel magmatico impasto politico ed ideologico rappresentato dal movimento operaio italiano nella prima metà del Novecento, diviso fra riformisti, massimalisti, comunisti, sindacalisti rivoluzionari, anarchici. Un pianeta turbolento e rissoso, impegnato in una logorante guerra intestina, incapace di rispondere in modo unitario all’offensiva fascista.

La Ediesse, casa editrice della Cgil, pubblica una biografia di Bruno Buozzi firmata da Gabriele Mammarella, un libro ponderoso, ben scritto e documentato, che ricostruisce la vita pubblica di quello che Susanna Camusso, nella prefazione, giudica «uomo di grande talento politico e straordinario sindacalista». Buozzi nasce nel 1881 in una famiglia di umili origini, a Pontelagoscuro, frazione di Ferrara; una terra intrisa di nascente socialismo, fortemente segnata dalle lotte contadine. A 13 anni Bruno fa l’operaio in una officina meccanica, a vent’anni svolge già un’attività sindacale fino a diventare, nel 1911, segretario della Fiom che in pochi anni, da organo in liquidazione, si trasforma nella più grande federazione operaia organizzata. Nello stesso tempo, praticando l’autonomia dei due ambiti, assume responsabilità politiche nel Partito socialista. Deputato dal 1919 al 1924, rifiuta le lusinghe di Mussolini che lo vorrebbe nel suo governo; nel 1925 va in esilio a Parigi. Dopo il 25 luglio 1943 rientra in Italia, viene catturato a Roma dai nazisti e trucidato il 4 giugno 1944 dai tedeschi in fuga, mentre nella capitale entrano gli alleati. Il movimento operaio italiano resta orfano di un grande protagonista.

Enrico Mirani

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