Cucina

Popolare e nobile, due strade e un vino di successo

La rassegna di Sabbioneta ha mostrato un mondo tutto da scoprire nella fascia di prezzo appena oltre i cinque euro a bottiglia
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In realtà ci sono due tipi di Lambrusco: quello di battaglia che troverete in vendita ad un prezzo attorno ai 2 euro o anche meno, e quello che supera i 5 al dettaglio ed esce dalla cantina al «favoloso» (per quelle parti) prezzo di 2,5-3.

Nel primo tipo di Lambrusco sarà difficile che vi si dica se è Salamino, Grasparossa o Maestri, anche se la onnipresente Igt Emilia è stata messa in riga dall’ultima modifica del disciplinare che chiede che, quantomeno, il Lambrusco sia fatto rifermentare e messo in bottiglia in zona.

Nella tipologia base troverete molto Lambrusco Amabile che è il cavallo di battaglia nelle esportazioni (che sono seconde solo al Prosecco e all’Asti Spumante). Non berrete malissimo, perché il Lambrusco, con la vite generosa che si ritrova, può essere anche low cost. Da disciplinare se ne possono raccogliere 180 quintali per ettaro, ma è poco credibile che non si vada oltre.

Se avete voglia di spendere più di 5 euro finite in un altro mondo. Un mondo che ha avuto modo di esibirsi nel Palazzo Ducale di Sabbioneta, in quella che fu la stupenda dimora di un ramo cadetto del Gonzaga, proponendo la sua lettura del Lambrusco e tutto l’orgoglio di offrire un vino mai banale. Qua e là persino innovativo, con qualche rischio per il consumatore avventuroso.

Il Lambrusco di serie A è tipicamente secco, come vuole la tradizione, ha una bella corona di spuma, tannini addomesticati ed una struttura abbastanza importante. Naturalmente non tutti i produttori riescono allo stesso modo e le quantità del Lambrusco «nobile» sono modeste. Qualche produttore ci ha proposto un vino offerto in 10 mila bottiglie che, in una zona che supera i 165 milioni di bottiglie, è quasi commovente.

Il fatto di leggere Igp invece che Doc (o Dop come vuole l’Europa) sulla bottiglia non vi deve però impressionare. Le zone doc sono tante e piccolissime per cui un buon produttore talvolta si allontana dalle regole tradizionali, ma non per questo delude.

Le principali zone Doc (corrispondenti a circa 35 milioni di bottiglie su 165 milioni), che corrispondono anche ad una variante del vitigno, sono quella di Sorbara (il più scarico di colore, il più costoso perché se ne produce poco per via dell’aborto floreale), quella del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro (che è un bel vino carichissimo di colore che sembra costruito per il cotechino), il Salamino di Santa Croce (che ha una bella eleganza e morbidezza), ma poi ci sono il Reggiano, il Maestri, il Marani e poi i mantovani che sono un’altra parrocchia. I mantovani vanno fieri del loro Lambrusco Ruberti o viadanese che è bello tosto, assai poco accomodante, con una spiccata personalità. Tutt’altro che secondo agli emiliani. Ma se non vi basta ci sono cantine che hanno un proprio clone aziendale.

La presa di spuma del Lambrusco viene ormai fatta da quasi tutti con il metodo Charmat (cioè in autoclave). Ma trovate anche dei Lambrusco resi frizzanti con il metodo ancestrale o tradizionale e persino con il metodo classico (ne abbiamo assaggiati di 36 mesi sui lieviti, anche se di solito nove mesi bastano).

Come è noto il Lambrusco è frizzante dal tempo degli Etruschi perché, con il sopraggiungere del freddo, la fermentazione si interrompe e riprende in primavera quando il vino è ormai in bottiglia. Naturalmente seguire il metodo antico ha i suoi rischi. Ogni bottiglia potrebbe essere differente. L’uso dell’autoclave ottiene viceversa due risultati: assoluta costanza del prodotto e la possibilità di offrire un Lambrusco fresco di rifermentazione (quasi fosse una birra artigianale) che il mercato gradisce molto.

Naturalmente lo Charmat può essere lungo (sei mesi) o breve (poche settimane) con risultati diversi soprattutto sul fronte delle complessità. Scrivono una storia a sé i pochi metodo classico che sono curatissimi.

Poi ci sono le vie nuove.

Molto diffuse le versioni di Lambrusco in rosato con dei sentori straordinari, al naso, di fiori e frutta rossa, non sempre confermati in bocca. Sono comunque sorprendenti perché la nota tannica rimane anche nel più scarico dei rosati.

Potrebbe essere la nuova strada per vivacizzare il mercato, anche se risultati convincenti li abbiamo trovati solo nelle fermentazioni classiche.

Va anche detto che emiliani e mantovani non sono in generale dei «mostri» nel controllo delle fermentazioni ed è qui che non mancano i rischi. Ma del resto il nuovo Lambrusco è nato ieri.

Gianmichele Portieri

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