La Pasqua porta in tavola il capretto
Vittima sacrificale per eccellenza, che accomuna buona parte delle terre che si affacciano sul Mediterraneo, l’ovino da latte venuto al mondo nell’anno è l’ingrediente tradizionale di ogni pranzo pasquale, un elemento che in decine di preparazioni diverse continua a segnare la tavola della festa, soprattutto quando la festa coincide con l’incontro dell’intera famiglia .
E mentre altrove, in particolare nel centro della Penisola a trionfare è l’abbacchio (ovvero l’agnello da latte, rimasto per 30/40 giorni legato al «bacchio-bastone» e dunque alimentato esclusivamente con il latte della madre), alle nostre latitudini prevale il capretto, anch’esso tra i 30 ed i 40 giorni dalla nascita ed alimentato solo dal latte della capra.
Un capretto dalla carne morbida e con solo un filo di grasso, che si cuoce al forno con l’apporto di burro, olio e lardo, ed impreziosito dal profumo di salvia e rosmarino nonché insaporito da una spruzzata di vino bianco secco.
Semplice la ricetta e tradizionalissima la cottura (in forno a 150/180 gradi per almeno un’ora e mezza), così come semplici e tradizionali sono gli accompagnamenti. Innanzitutto le patate, che vanno cotte nella stessa ampia casseruola dove si colora il capretto, così che raccolgano un po’ dei profumi e dei sapori del fondo di cottura della carne. E quindi l’immancabile polenta, convitato assolutamente necessario su ogni tavola lombarda, cotta non meno di 40 minuti nell’apposito paiolo. Una pietanza rigirata pazientemente fino a quando tra polenta e paiolo non si formerà una crosta bruciacchiata, in alcuni punti persino annerita, ma croccante e gustosissima.
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