Cucina

L’ex piatto povero che ha saputo rinnovarsi

Dall’intramontabile abbinamento con la polenta si diparte un’infinita serie di preparazioni
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Lo chiamano baccalà e sanno benissimo che il nome è sbagliato. Già perché il baccalà alla vicentina si fa con lo stoccafisso, lasciato 2-3 giorni ad ammollarsi nell’acqua. Il baccalà è invece il merluzzo conservato in barile sotto sale, mentre lo stoccafisso è quello essiccato al sole delle isole Lofoten nei mesi freddi. La distinzione non sfugge ad alcun vicentino perché i golosi di quella terra ormai vanno e vengono dalla Norvegia più volte l’anno per via del gemellaggio tra Sandrigo e Rost. Ma lo stoccafisso a Vicenza continuano a chiamarlo baccalà e la spiegazione è semplice: baccalà sembra una parola veneta.

Mai peccato di gola è stato più interessato: il baccalà ormai si propone in oltre 40 varianti che alimentano un intenso «pellegrinaggio» nel vicentino per una buona abbuffata.

Sì, anche da Brescia, più spesso in pullman per poter esagerare in pace pure con le libagioni. Va aggiunto che il baccalà è uno dei pochi prodotti alimentari che era in crescita di vendite nel 2013.

Nel nome del baccalà si sta tentando una grande alleanza a tavola tra l’Europa dell’estremo Nord e quella mediterranea. Nascerà infatti la via Querinissima che unirà le isole Lofoten con la vicentina Sandrigo che aspira al riconoscimento dello status di «Itinerario Culturale» da parte del Consiglio d’Europa.

Il viaggio compiuto da Pietro Querini (o Quirini, secondo alcuni carteggi) nel 1431 diventa infatti un itinerario attraverso 14 Paesi europei. Il percorso segue la rotta che portò il navigatore veneziano a naufragare sulle isole Lofoten, al largo della Norvegia, dopo aver toccato l’isola di Creta, Spagna, Portogallo e aver circumnavigato la Gran Bretagna. Quindi il ritorno, l’anno seguente, via terra attraversando Scandinavia, Germania, Fiandre, Francia e Svizzera.

Querini tornò in patria con quelli che gli parvero strani pesci bastone, gli stoccafissi, dando così avvio alla fortunata tradizione del baccalà in terra veneta, in particolare a Vicenza.

Ad aiutare il successo gastronomico ci si è messo, un secolo dopo, il Concilio di Trento fissando un infinito elenco di giorni di magro.

L’idea della Via Querinissima ha iniziato a prendere forma nel 2007, quando il cuoco Antonio Chemello ha ripercorso la rotta di andata di Querini in barca a vela.

Quindi il progetto è stato abbracciato dalla Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina che nel 2012 ha ricostruito e sperimentato il percorso di ritorno da Røst (in Norvegia) a Sandrigo (Vicenza) facendo tappa in mezza Europa centrale.

Ma passiamo alle ricette cominciando proprio da quella storica alla vicentina, perché, dice il presidente della Confraternita, l’unica ricetta corretta è quella approvata da loro.

Per un vicentino doc il baccalà, messo sul fuoco, deve «pipare» a lungo, almeno per quattro ore se non di più. Infatti lo stoccafisso bagnato, deliscato e tagliato in pezzi (possibilmente uguali) va messo in un tegame o in una pirofila coperto da un soffritto che si prepara a parte con olio, cipolla e sarde dissalate. Sul pesce, oltre al soffritto, si spargono latte, grana, sale e pepe. Vietato mescolare. Il tegame si può muovere, ma non si deve mescolare fino a cottura.

Ma ci sentiamo di suggerirvi anche una deliziosa variante «moderna» che parte dal baccalà mantecato (che per i vicentini è una eresia veneziana). Si prepara quindi il mantecato mettendo in una planetaria il baccalà lessato per 20 minuti, si mescola aggiungendo olio a filo. Il morbido composto si utilizza per riempire un peperone grigliato e sbucciato. Con una crema di patate si ottiene un insieme delizioso.

La variante più affascinante è arrivata a Vicenza direttamente dalle isole Lofoten. Si tratta di una zuppa di pesce con verdure, un piatto povero di quelle terre gelide, rivisto e aggiornato.

Si parte da burro e farina fino a formare una besciamella diluita con latte. Nel composto si aggiunge pari quantità di brodo di pesce. Al bollore si inseriscono pure, scalogno e bianco di porro. Si aggiungono quindi cubetti di baccalà e di salmone piuttosto piccoli. Quando il tutto bolle (la cottura deve essere molto breve) si aggiungono 20 grammi di aneto (l’ingrediente non può mancare) con erba cipollina e prezzemolo. Si arricchisce ora con panna e si spegne il fuoco. L’ideale è preparare la zuppa il giorno prima. Quella riscaldata è il massimo.

Gianmichele Portieri

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