Cucina

L’espresso «made in Italy» conquista l’Oriente

Sesta edizione dell’International coffee tasting nei giorni scorsi a Brescia
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Con 149 caffè di 15 Paesi messi davanti a 26 assaggiatori di 9 Paesi diversi (coreani, danesi, svedesi, serbi, giapponesi e spagnoli, solo per citarne alcuni) Brescia è stata per la sesta volta capitale mondiale del caffè di qualità. Si è svolto, infatti, in un hotel del centro, l’International coffee tasting, il prestigiosissimo concorso tra i caffè delle torrefazioni di mezzo mondo organizzato dall’Istituto internazionale assaggiatori di caffè, che a Brescia ha appunto sede.

Il concorso lo scorso anno si è svolto a Tokyo, per poi tornare dove è nato. A dire il vero l’evento non ha coinvolto più di tanto la città, dove, come del resto in tutta Italia, se si entra in un bar e si ordina un caffè, ci si deve adeguare alle scelte del locale, anche se i bresciani che prendono persino l’auto per cercare il bar «giusto», sono sempre di più.

Eppure le aziende partecipanti, se riescono a convincere la giuria internazionale, tappezzano tutte le loro confezioni con il logo della medaglia d’oro vinta. Segno che l’interesse c’è, ma si capisce che è soprattutto rivolto all’estero, all’Est asiatico.

I mercati di Giappone, Corea e Malesia hanno ormai consumi di caffè secondi solo a quelli degli Usa e di gran lunga maggiori di quello italiano.

Dice Noriko Shinoda, giunto da Tokio, che il Giappone consuma 470 mila tonnellate di caffè l’anno, anche se le tazzine per l’espresso all’italiana rappresentano solo l’1% del volume globale. Ma in quelle tazzine per amatori ci sono già 20 marche di caffè italiano. Una sua collega coreana dice che ormai il consumo di caffè in Corea del Sud ha largamente superato la domanda di tè.

In oriente prevalgono modalità di consumo diverse, con un dilagare del caffè in lattina. Però da quelle parti un caffè di classe si paga 3 o 4 euro, per segnalare che i margini sono potenzialmente amplissimi.

Anche il cambio dei gusti ci favorisce. Il gusto orientale era puntato sui caffè monorigine, ma ora sta virando verso le miscele che sono una specialità molto italiana. Dice Luigi Odello, presidente dell’Istituto che ha promosso il concorso, che il gusto dei mercati asiatici va verso equilibrio e complessità del prodotto, che sono tratti tipici dell’espresso italiano, il che fa ben sperare per il nostro export nei mercati emergenti.

Ma il concorso bresciano ha messo anche in evidenza che non c’è da dormire sugli allori. Ci sono torrefazioni nei luoghi che non ti aspetti che offrono delle miscele per espresso all’italiana di grande stoffa. Davanti ad una miscela per espresso canadese resti davvero sorpreso. Di certo è copiata dallo stile italiano, ma non gioca sull’Italian sounding perché sul pacchetto c’è la bandiera canadese.

A Brescia si sono distinte molte torrefazioni della vicina Slovenia, accanto ad australiani, cinesi di Taiwan. spagnoli, americani e gli insospettabili canadesi. E stiamo parlando di caffè espresso che è un consumo di élite. Nei caffè filtro (che è la modalità più usata al mondo) trionfano invece i torrefattori coreani.

Il concorso ha detto viceversa poco, per scarsità di concorrenti, sul modo nuovissimo della cialde.

Brescia (che di torrefazioni ne ha decine) si è difesa con quattro nomi di aziende, che pur minuscole, credono nella promozione presso gli assaggiatori diplomati dall’Istituto (che nel mondo sono 9 mila, 500 solo nella sezione giapponese). Così sono al vertice della classifica per la sezione espresso italiano la minuscola torrefazione Gran Salvador del villaggio Prealpino e la torrefazione caffè Avana di Cologne, entrambe aziende a conduzione familiare.

La pluripremiata Morandini di Esine, quest’anno si è affermata con la sua miscela per moka, mentre la storica Caffè Agust di San Polo si è fatta largo nel nuovo settore delle cialde piazzando al vertice il caffè Agust Elegante e il Natura Equa bio che è biologico ed inoltre certificato come prodotto del commercio equo.

Va ricordato in proposito che il caffè biologico viene proposto da parecchie torrefazioni bresciane ed è un po’ la nuova frontiera da conquistare dopo il fenomeno delle cialde.

Gianmichele Portieri

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