Cucina

Il mondo da non perdere aspettando Vinitaly

Alla fine le due rassegne, quella di Düsseldorf appena conclusa e quella veronese che si apre domenica
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Nessuno è tornato a casa a mani vuote. C’è addirittura chi dice, come Pierangelo Noventa di Botticino, che «se solo un decimo dei contatti va a buon fine non avrò abbastanza vino». La Lugana ha vendemmiato (come al solito), la Franciacorta ha seminato con passione, ma è chiaro che il pieno lo farà a Vinitaly. Sintetizza Eleonora Uberti di Erbusco: «Contatti ci sono stati, ma sia chiaro che restano sempre un decimo di quelli che abbiamo a Vinitaly».

Prowein 2014 si è chiusa martedì 25 scorso ed è andata bene, ma in termini così diversi da Vinitaly, che si apre domenica prossima a Verona, che non sembra neppure sensato fare un confronto.

Alla fine è stato chiaro a tutti che si tratta di due manifestazioni complementari. In 20 anni, contro i 48 della fiera veronese, Prowein è diventata la manifestazione di riferimento per chi vuole esportare, la fiera internazionale per eccellenza. Vinitaly resta l’irrinunciabile vetrina del vino italiano, così che non sono molti quelli che, visto Prowein, pensano di rinunciare a Vinitaly. A Prowein, ha detto un importatore scandinavo, si va a incontrare il mondo, ma il vino italiano è troppo importante per limitarsi agli espositori di Düsseldorf (comunque mille).

Una sintesi perfetta, per ora. Di certo nessun espositore bresciano ha intenzione di rinunciare nel 2015 al suo minuscolo tavolino tedesco (la sedia era un optional, scherza Carlo Veronese, direttore del Consorzio del Lugana, ma nel padiglione della Franciacorta c’erano sgabellini persino per gli ospiti).

Si diceva che le due manifestazioni hanno poco in comune, se non (malauguratamente) le date di svolgimento. Inutile dire che quanto a organizzazione i tedeschi ci battono 10 a 1. Secondo i bresciani non si riuscirà mai ad uguagliarli, a cominciare dalla possibilità di muoversi. In Germania la metropolitana fa capolinea in fiera, con il biglietto prendi tutti i mezzi di trasporto della regione. In pratica l’auto non ti serve. Ma anche se la usi non è poi male. Riccardo Ricci Curbastro, che in fiera è andato in auto, non ha mai impiegato più di mezz’ora per coprire i 20 chilometri dall’albergo alla fiera.

In compenso lo spazio per esporre è poco, perché gli espositori sono tanti in uno ambito molto più piccolo. La necessità, ma anche una intelligente scelta di marketing, obbliga agli stand collettivi. I bresciani che lo avevano, hanno esposto a fianco del loro importatore, un modo per farsi vedere anche se si è degli sconosciuti. Del resto chi avrebbe notato la minuscola produzione di Cantrina se non fosse stata nello stand della quotata rivista Merum ed ancora nessuno si sarebbe accorto della Agricola Valcamonica se non perché lo stand era quello dell’associazione dei sommelier tedeschi (Desa). La Lugana, la Franciacorta e Pro Brixia avevano un loro stand collettivo con una ventina di espositori che serviva anche la piattaforma di smistamento verso lo stand di chi ne aveva uno individuale.

A Prowein i visitatori sono tutti professionisti, cosa che ha i suoi vantaggi perché non c’è ressa, perché non versi vino ai semplici beoni, ma ha anche il limite che, se sei nuovo, quelli tirano diritto e, se non sei nella loro agenda, non ti degnano di uno sguardo.

Gianmichele Portieri

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