Cucina

Dopo i caprini, i salumi della Valle di Mompiano

I nuovi prodotti dell’azienda agricola sorta a poche centinaia di metri dalla grande estensione verde della ex Polveriera
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Imboccata la Valle di Mompiano, che ormai è in città, nel Parco delle colline in direzione della ex Polveriera, si arriva fino a che la strada muore. Siamo ancora in Comune di Brescia, ma con tanto verde che in questo strano inverno sembra già virato alla primavera. Qui da ormai vent’anni si possono gustare e comperare i formaggi caprini di Valpersane, quelli a breve o brevissima stagionatura e quelli di pasta più compatta e gusto più intenso. Cristina e Alberto Guidi (ma ormai in famiglia ci sono anche Umberto, 20 anni e Alberto, 14 anni), li ricavano dal latte di una settantina di capre camosciate delle Alpi. Il piccolissimo caseificio (del resto lavora al massimo un quintale di latte al giorno), a fianco della loro abitazione, funziona da marzo a novembre, quando è disponibile il latte lavorato esclusivamente a crudo. Le capre, come noto, in prossimità del parto vanno in asciutta.

I caprini «di città» sono da tempo molto apprezzati e premiati, ma da qualche mese si è affiancata la novità dei salumi. I salumi di Mompiano hanno debuttato «in società» nei giorni scorsi in occasione di una cena con il fondatore di Slow Food Carlin Petrini.

Così accade che i suini siano tornati in città con un piccolo allevamento. Fino alla fine degli anni ’70 il Comune di Brescia contava più di 5 mila suini, quelli dell’allevamento della Salin in via del Mella, che allora era campagna ed oggi è zona industriale. Davvero un altro secolo.

I suini di Mompiano non sono però i rosei maiali tipici dell’allevamento bresciano «da prosciutto», ma maiali neri di razza Cinta senese, una razza meno produttiva, piuttosto rustica e frugale, che però fornisce carni sode e saporite. La Cinta senese, molto diffusa in Toscana da dove sono arrivati nel 2011 anche i primi soggetti di questo allevamento, non è nuova dalle nostri parti, ma si alleva nella Bassa dove si presta anche ad un allevamento semibrado. Si tratta di un allevamento di nicchia che guarda soprattutto ai buongustai che sono del resto gli acquirenti dei celebri caprini.

E i salumi che derivano dalla Cinta sono di sapore più intenso e del resto vi contribuisce anche la forma di allevamento. A Valpersane i neri maiali di Cinta (sono attualmente una trentina per una macellazione di un maiale al mese) vengono portato fino a 18 mesi di età quando raggiungono i 160 chili (gli altri suini arrivano allo stesso peso in metà tempo), così che le carni sono più sode e mature. Dall’allevamento bresciano escono soprattutto coppa, salame, lardo e salsicce, in Toscana vanno forte la finocchiona e il capocollo.

L’idea di integrare la produzione con i suini ha una origine, se volete, banale. Alberto Guidi racconta che l’idea di avere qualche maiale è venuta dalla esigenza di smaltire il siero residuo della lavorazione dei formaggi unita al fatto che ormai i ragazzi sono grandi e si imponeva una integrazione di reddito.

L’avventura è stata condotta in linea con la tradizione di famiglia. I suini di Cinta sono soggetti selezionati indenni da peste suina, vescicolare e morbo di Aujesky, tanto che Valpersane è già in grado di vendere soggetti da riproduzione.

La macellazione avviene a Lonato presso un macello autorizzato ed anche la lavorazione delle carni è fatta da un norcino di fiducia fuori dall’azienda, dove viceversa si cura la stagionatura. Del resto la minuscola azienda di Mompiano, in 23 anni di vita non ha avuto l’opportunità di espandersi. Sia le capre che i suini nuovi arrivati, sono ospitati in tunnel provvisori come agli inizi dell’avventura. Pesa sui progetti di Valpersane una eterna contesa con il Comune di Brescia che tutela il Parco delle colline che ha impedito di realizzare stalle e caseificio. La terra per il pascolo, viceversa, non manca. Una vicenda complessa che, par di capire, indurrà l’azienda a migrare verso altre collocazioni (e sarebbe un peccato).

I caprini Valpersane e i salumi di Cinta senese li trovate in azienda, ma anche in molti mercati come Casazza e Urago ed ora anche al mercato contadino di Rezzato voluto dal Slow Food con il Comune dell’hinterland.

 

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