Cucina

Crescono le donne e l’età media è sotto i 40 anni

Intervista al delegato dell’Ais bresciana Giovanni Creminati
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Come sempre, soprattutto in casi come questi ci sono una notizia bella ed una brutta. Quella bella è che la passione per il vino tiene duro in Italia ed in particolare a Brescia e scende ancora l’età media dei partecipanti ai corsi di qualificazione, agli aggiornamenti, alle visite in cantina e aumentano le donne. Ormai, in linea con una tendenza già evidente da qualche anno, si è scesi sotto i 40 anni (ma con un minimo di almeno 28) il che apre interessanti prospettive di mercato per i prodotti di qualità. Ma la nuova generazione che avanza ci tiene alla patente e quindi beve meno, ha una ottima cultura di base e quindi è più difficile infinocchiare con vini di alto costo che non offrono la qualità promessa.

La notizia meno rassicurante per chi vuol fare della «sommellerie» una professione è che la crisi sta picchiando duro e quindi anche la ristorazione di rango tende a risparmiare e quindi a restringere le prospettive di lavoro per un sommelier professionista. Però ci sono spazi nuovi.

In particolare la grande distribuzione sta scoprendo l’importanza degli esperti del vino, perché è arrivato il consumatore sotto i quarant’anni che sa scegliere.

Così Esselunga ha appena investito l’Associazione sommelier della Lombardia del compito di segnalare i candidati per 10 assunzioni che intende fare a breve per i suoi punti vendita della Lombardia (ma, peccato, manca Brescia). L’altra considerazione che dà speranza è che, chi ha un tastevin di sommelier al bavero, è avvantaggiato nel concorrere ad un serie di posti di lavoro, soprattutto, come ovvio, se si lavora nella ristorazione, ma anche se si aspira a lavorare per una cantina o anche se si è nel commercio dei prodotti alimentari. Il locale che non ha il sommelier a tempo pieno preferirà un cameriere o un maitre che conosce il vino e, di solito, è disposto a mettere qualcosa di più in busta paga.

Questo il quadro che siamo riusciti a comporre con il delegato Ais di Brescia Giovanni Creminati all’inizio del nuovo anno nel corso del quale scade anche il suo mandato. Giovanni Creminati, per il mondo dell’enogastronomia, è un personaggio di peso, di grande cultura e di grande equilibrio. Il suo covo è la gastronomia di famiglia in via Valle, che è anche una tavola raffinata, ma per niente affatto costosa. Solo scorrendo le bottiglie che riempiono le pareti del locale si coglie lo spessore del personaggio: la sua lista dei vini non è la fotocopia delle guide in voga.

Creminati conclude a giugno i primi tre anni di mandato, ma si è trattato di un ritorno. Ha guidato l’Ais di Brescia dagli anni ’80 al 1996 per poi diventare delegato ragionale e consigliere nazionale.

Il bilancio dell’Associazione sommelier di Brescia per il 2013 è a dir poco favoloso (ma Creminati sfoglia già gli appuntamenti del 2014). Lo scorso anno l’associazione ha curato 47 manifestazioni con la partecipazione di 1.250 appassionati. I soci sono attualmente 480, un numero in leggero calo (l’iscrizione costa), ma che fa di Brescia la terza delegazione dopo Milano e Roma. L’anno che inizia ha visto partire un corso di primo livello con 80 iscritti al serale e 20 al pomeridiano, un affollamento quasi «normale». Molto meno normale che il corso di terzo livello abbia 60 iscritti a Brescia (gli abbandoni sono di solito molto alti) e sorprendente (perché al primo anno erano in 30) che la Valle Camonica si accinga a laureare quest’anno i primi 27 sommelier del corso di Piancogno. Una costanza degna dei valligiani.

La cifra dei corsi Ais della gestione Creminati (ma è solida tradizione) è la qualità dell’insegnamento. I nostri (se passano l’esame, perché il 25-30% non ce la fa) sono preparatissimi. Lo si nota quando c’è qualche delegazione di altra zona in visita. A Creminati sfugge una punta polemica verso i corsi che danno una infarinatura a tutti, che puntano sulla quantità senza approfondire.

Il delegato Ais parla quindi con entusiasmo delle idee che sta mettendo in campo con l’indispensabile Nicola Bonera. Ci sarà anche un corso sull’Haccp, tanto per capire che il vino è un prodotto alimentare da trattare con serietà.

Quel che non va a Creminati è che della marea di iscritti ai corsi, siano pochi (4 o 5) gli addetti ai lavori, quelli che da un diploma trarrebbero un vantaggio professionale. L’idea di dare una formazione maggiore sul vino ai ragazzi delle scuole alberghiere, non sta dando i risultati sperati. E invece chi ha a che fare con il mestiere del vino (dalla ristorazione, alle cantine, al commercio) dovrebbe essere anche sommelier, perché il vino lo si deve anche saper raccontare

Va detto però, che il mestiere di assaggiare e raccontare il vino non è facile e non è per niente solo una questione «di naso».

Per emergere, dice Creminati, ci vogliono una continua voglia di imparare, di restare aggiornati, di conoscere i produttori e le tipologie di vino, senza perdere il passo con le evoluzioni dei gusti e dei prodotti. E poi si devono conoscere le lingue, almeno l’inglese. Anche il vino, con i suoi 8 mila anni di storia, corre e muta alla velocità di Internet. Il grande sommelier, quando deve gestire una carta dei vini, è quello che sa immaginare cosa piacerà…l’anno venturo.

Gianmichele Portieri

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