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I parchi italiani spingono la ricchezza

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I Parchi nazionali italiani spingono la crescita della ricchezza di tante aree del Nord, mentre il Mezzogiorno non riesce ancora a valorizzarli anche in termini economici. Lo dimostra l’analisi del valore aggiunto procapite prodotto dalle imprese dei Parchi nazionali italiani, oggetto del Rapporto realizzato dal Ministero dell’Ambiente e da Unioncamere. Lo studio, che si occupa anche dei siti della rete Natura 2000 e delle aree marine protette, mostra infatti che esiste un effetto parco, ovvero una maggior capacità di creazione di ricchezza e benessere da parte delle imprese localizzate nelle aree soggette a tutela ambientale. Non a caso, tra il 2011 e il 2013, il valore aggiunto prodotto all’interno dei Parchi nazionali è diminuito solo dello 0,6%, mentre nel resto dell’Italia la variazione negativa è stata tre volte superiore (-1,8%). Questa capacità che il Rapporto riscontra in molti territori verdi è frutto di un mix di crescita economica, sostenibilità ambientale, produzioni di qualità, rispetto dei saperi e del benessere dei territori. Un modello di sviluppo nuovo che sembra esercitare un discreto appeal sui giovani e sulle donne, i quali, in misura relativamente maggiore che nel resto del Paese, hanno scelto proprio le aree protette come sede della propria impresa. Anche per far conoscere meglio queste realtà, Ministero dell’Ambiente e Unioncamere hanno messo a punto l’Atlante socio-economico delle aree protette italiane, consultabile on line: http://www.areeprotette-economia.minambiente.it/. I 23 parchi nazionali analizzati nel rapporto occupano un’area vasta quasi quanto tutta la Calabria (15mila kmq, pari al 5% dell’estensione del nostro Paese). Questi territori, diffusi in tutte le regioni italiane, ad eccezione del Friuli-Venezia Giulia e della Sicilia, hanno conosciuto in vent’anni un progressivo spopolamento (i residenti si sono ridotti del 5,6%, in controtendenza con quanto registrato a livello nazionale, dove l’aumento è stato del 5,1%), dovuto essenzialmente alla scarsa attrazione che queste aree hanno esercitato verso la componente straniera che si è resa protagonista del recente boom demografico del nostro Paese. Negli ultimi anni, però, questo fenomeno sembra si stia arrestando: nel 2012 rispetto al 2011, infatti, si è assistito a una modestissima crescita (di soli 71 abitanti) della popolazione, sulla quale può aver inciso un processo di ritorno dei giovani. Infatti, la popolazione di meno di 30 anni è percentualmente maggiore nei parchi nazionali (31,2%) rispetto alla media italiana (29,4%), con punte del 38% in alcune aree del meridione, come il Vesuvio, l’Aspromonte e il Gargano.

L’orografia prevalentemente montuosa non frena la voglia d’impresa: sono infatti oltre 68mila le attività produttive presenti in queste aree, con un’incidenza elevata di attività commerciali (26%, spesso di prodotti artigianali), agricole (22,5%) e della ristorazione (7,7%). In media, ciò significa che esistono 9,7 imprese ogni 100 abitanti, con una densità di poco inferiore a quella media nazionale (10,2%). Piccole di dimensioni (solo 2,3 gli addetti a fronte di una media di 3,7), queste imprese si contraddistinguono per una maggior presenza di giovani (13,1% le imprese giovanili dei parchi contro l’11,1% della media Italia), e di donne (26,8% le attività a guida femminile nelle aree protette contro il 23,6% registrato a livello italiano).

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