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Cambiare posto (e vita): dall'acciaio alla mozzarella

Rimettersi in gioco.
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Lasciare l'industria meccanica per quella casearia. Abbandonare il mondo dell'acciaio fuso per rilanciarsi all'interno di quello del formaggio fuso a cui dare forma con le proprie mani e trasformarlo in mozzarella. È la storia di Giuliano Ettori che, dopo 25 anni passati a costruire e installare carri ponte in tutta Italia, ha deciso di voltare completamente pagina, realizzando un'idea che aveva iniziato a giragli in testa durante i cinque anni passati in Puglia a lavorare nello stabilimento siderurgico dell'Ilva di Taranto.
Un filo tra la Puglia e la Valtrompia
«Ho deciso di lanciarmi in questa avventura per due ragioni principali - racconta Ettori (nella seconda foto, a destra)-. Per prima cosa volevo portare anche in Valtrompia un prodotto genuino, che si sarebbe potuto assaggiare solo facendo centinaia di chilometri. La seconda motivazione è invece più personale, volevo costruire qualcosa che fosse mia da lasciare a qualcuno. Volevo qualcosa che mi rimettesse in gioco facendo anche felice qualcun'altro, oggi infatti non rinuncerei al legame che si instaura con i clienti e la loro soddisfazione è impagabile, quando con un sorriso e con la loro attesa per il tuo arrivo ti ripagano del lavoro fatto. La risposta alle mie aspettative è stata una cosa semplice come la mozzarella».
L'ex operaio durante le trasferte lavorative tarantine, è infatti diventato amico di un casaro della zona, da cui nei cinque anni passati in Puglia si è recato più volte prima per compare i prodotti, e poi per «rubare il mestiere», anche se durante il racconto rimarca che alcuni segreti si imparano solo attraverso l'esperienza diretta.
«Quando l'idea è diventata un tarlo, uno di quelli che non riesci più a toglierti dalla testa - prosegue a raccontare il neo casaro - ho iniziato a guardarmi intorno e grazie all'intervento di due ex datori di lavoro, Silvio e Pierluigi Ghidini, che mi hanno dato fiducia ho trovato il posto per realizzare il mio progetto la Cascina Volpe a Lodrino, dove da un ex fienile ristrutturato è nato un vero e proprio laboratorio caseario. In Puglia ho fatto poi un corso intensivo di una settimana - dice Ettori -. Quando l'idea è diventata un progetto concreto che ha portato alla nascita della prima Mozzarella di Valtrompia mi sono armato di penna e taccuino, un po' come voi giornalisti, e ho preso appunti».
Quattordici tonnellate in pochi mesi
Con la Puglia Ettori dice di sentirsi regolarmente anche solo per raccontare come va, il mix mozzarella pugliese-latte valtrumplino incuriosisce anche il maestro casaro. «Dopo alcuni mesi di sperimentazione, ad agosto 2008 sono uscito per la prima volta a vendere e da allora nelle case della valle - e non solo - sono entrate qualcosa come 14 tonnellate di mozzarelle».
Ogni settimana ad aspettare il furgone dove spicca la scritta «Mozzarella di Valtrompia Cascina Volpe», ci sono decine e decine di persone che svuotano letteralmente, l'offerta di prodotti che nel frattempo si è arricchita anche con provole, ricotte e primo sale. «Come ho già detto vedere la soddisfazione della gente è impagabile, ma ci sono anche casi curiosi, come quello di un signore originario della Puglia che dopo aver mandato la moglie a comprare una mozzarella per un assaggio, l'ha fatta tornare per svuotarmi il furgone ed ha addirittura portato nella sua terra le nostre mozzarelle. Il lavoro e la qualità sono pian piano cresciuti, e ora mi sono fatto affiancare anche da un collaboratore e da mio figlio: mi danno una mano durante la fase di produzione, mentre la vendita, nonostante le tante offerte che ho ricevuto, preferisco farla di persona mettendoci la faccia con i clienti».
Una storia quella del signor Ettori che fa riflettere su come lavori antichi come la produzione casearia possano trasformarsi in attività redditizie, anche in un periodo di crisi come questo dove l'industria tradizionale ricorre alla cassa integrazione, e forse nuove opportunità di lavoro potrebbero venire proprio da mestieri dimenticati.
Davide Lorenzini

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