Un’altra idea di collegio Grazie, suor Adele

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Giorni fa è venuta a mancare una persona a me cara e sinceramente benvoluta da un’infinità di studenti che hanno frequentato e tuttora frequentano le scuole dell’Istituto «Paola di Rosa» di Lonato. Si chiamava suor Adele e oltre ad essere un’esperta segretaria-economa, era una persona affabile, dotata di naturale empatia e sempre pronta al dialogo. Il ricordo del collegio, quindi, è legato, in particolare, a questa figura di donna, di religiosa che sapeva trasmettere serenità, passione per il lavoro e gioia di operare per gli altri. La presenza di persone positive come lei rendeva più lieve la vita collegiale che di per sé è un’esperienza forte vuoi per la lontananza dai familiari, vuoi per la sventagliata di regole ferree che alle alunne un po’ anarchiche come me, talvolta, parevano troppo inflessibili. Si sa che nell’immaginario dei bambini e degli adolescenti il collegio è una specie di penitenziario. «Se non ti comporti bene, ti mando in collegio» minacciano ancora oggi i genitori e persino il reality, attualmente trasmesso in TV e ambientato in un simbolico istituto scolastico, rimanda del convitto una grigia immagine poco confortante. Al contrario io considero l’esperienza da me vissuta come un’opportunità educativa e formativa che, forse, potrebbe risultare utile anche ai nostri ragazzi, molti dei quali (non tutti, per fortuna) combinano un autentico caos tra diritti e doveri, desideri e rinunce. Al fine di scongiurare tale disordine professori e suore che ci accompagnavano nel percorso di studi, non si limitavano a insegnarci le discipline scolastiche e a stimolare la nostra curiosità culturale, ma ponevano alla base dell’azione educativa proprio il rispetto delle regole, il costante impegno e la solidale attenzione verso gli altri. Suor Adele diceva spesso: «L’importante è sforzarsi di diventare migliori, non necessariamente i migliori». Io so di non aver raggiunto molti degli obiettivi prefissati ma sono certa di una cosa: gli anni del collegio mi hanno temprato il carattere dandomi la forza d’animo necessaria per affrontare le difficoltà della vita e metabolizzare gli schiaffi che l’insolente sorte non risparmia a nessuno. Per questo, sia pure in ritardo, ringrazio suor Adele e le rivolgo un sorridente pensiero. Sento, infatti, che dall’alto mi tiene d’occhio e, siccome conosce i miei intermittenti dubbi sulla fede, si prepara fin d’ora a perorare la mia causa per ottenermi un posticino accanto a lei. «Mi raccomando, però, suor Adele interceda presso Chi di dovere perché ciò avvenga il più tardi possibile».

// Teresina Cremaschini
Offlaga

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