Stranieri a scuola un fatto normale, basta organizzarsi

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Abbiamo letto con molta attenzione i numerosi articoli apparsi sulla stampa riguardanti la situazione della Scuola «A. Manzoni». Dopo qualche tempo è forse il caso di ripensare, in modo più sereno, al fatto che nella scuola primaria «Manzoni» ci siano classi interamente composte da bambini «stranieri». Lo stupore che ne è derivato, anche a livello nazionale, è in verità parzialmente giustificato, per il fatto che la situazione di questa scuola era sconosciuta ai più. Ma da molti anni scolastici le classi sono in grandissima maggioranza costituite da alunni «stranieri» con uno o due «italiani»: era imprevedibile che prima o poi i pochissimi «italiani» scomparissero? Ci limitiamo a quattro riflessioni derivate anche dall’esperienza diretta, per avere collaborato con le maestre come insegnanti volontari in attività di alfabetizzazione e di laboratorio teatrale e quindi di avere conosciuto bene l’ambiente, le difficoltà, ma anche le potenzialità della scuola. 1. Non tutti i bambini parlano perfettamente l’italiano, ma molti sì, perché sono nati a Brescia. Per tutti sarebbe necessario avere più risorse e soprattutto più personale per l’alfabetizzazione per chi ne ha bisogno, per i laboratori come quello teatrale, per affrontare situazioni complesse, cosa che, invece, non avviene. 2. Il timore che la scuola fosse di qualità inferiore ha generato, comprensibilmente, nei genitori italiani apprensione e preoccupazioni tanto da farli decidere di iscrivere i propri figli in altre scuole. Come sempre, le paure e le incertezze nascono dalla scarsa conoscenza della realtà. La scuola «Manzoni» è una scuola con brave maestre (le conosciamo bene) molto preparate che lavorano con il tempo pieno, che non negano le difficoltà, comunque presenti in tutte le scuole, ma le affrontano raggiungendo positivi livelli di preparazione. 3. Questa scuola, che conosciamo direttamente e non per sentito dire, ci ha consentito di cominciare a comprendere un mondo complesso, ma ricco di stimoli, dove i bambini imparano a scrivere, a studiare, a giocare e a vivere insieme. È un peccato che sempre meno bambini «italiani» del centro cittadino godano di queste opportunità. 4. La scuola non rischia di essere un ghetto, come è stato detto e scritto. Lo potrebbe diventare se mancassero la qualità dell’insegnamento e insegnanti motivati, e questo non è. È, invece, una scuola in cui due classi prime sono costituite da bambini «stranieri» che stanno iniziando a imparare a leggere e a scrivere in italiano, esattamente come i loro coetanei «italiani». // Rolando Anni, Giovanna Perucchetti, Lucia Anni Brescia

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