Riflettere e sentirsi comunità senza paura

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Oggigiorno la vita in Italia non è esattamente la migliore possibile. Nessuno crede più sul serio nel nostro bellissimo Paese, ma perché? Perché non credere nella ripresa, perché non sperare di cambiare, migliorare, diventare il Paese che tutti noi desideriamo? L’attitudine tipica ed individualista del popolo italiano ci porta a lamentarci continuamente di ciò che non va, dei problemi da affrontare, ci porta a criticare il lavoro di chi ci governa, senza però fare nulla per cambiare questa situazione. Nel 1789 il popolo francese si ribellò contro i soprusi dell’ancien régime, rivendicando gli ideali di Liberté, égalité e fraternité, e dando il via - in Europa - a una serie di ribellioni, rivoluzioni, guerre di indipendenza che portarono, tra l’altro, all’unità nazionale dell’Italia. Nell’inno degli italiani del 1847, Mameli scrisse: «Noi fummo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popoli, perché siam divisi. Raccolgaci un’unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l’ora suonò». Possibile che dopo 150 anni la situazione non solo non sia cambiata, ma addirittura sia peggiorata? Io faccio parte di quella gioventù che oggi viene definita degli «sdraiati»: ragazze e ragazzi che non agiscono, che non lottano, che, stando alle comuni credenze, passano la loro vita sdraiati su un divano a bighellonare. I tempi, è vero, sono cambiati ma non per questo è corretto dire che oggi i giovani non combattono, per due ragioni: 1- di giovani che combattono ve ne sono molti; 2- non mi sembra che gli «adulti», che dovrebbero dare l’esempio, facciano molto di più. Io faccio parte di quei sognatori che sperano e credono che l’Italia, l’Europa e il mondo in generale possano un giorno dimostrare di non essere così corrotti, degradati... Spesso quando si parla di politica la gente parte già demoralizzata e non prova nemmeno ad esprimere la propria opinione su un determinato argomento poiché è convinta che non ci sia nulla da fare, che il popolo non abbia alcuna possibilità di cambiare la realtà delle cose. Forse a tali persone sfugge un punto essenziale che caratterizza la politica del nostro Paese, ossia il fatto che l’Italia è una repubblica democratica nella quale il popolo stesso è sovrano, ed esercita il suo potere attraverso l’elezione dei suoi rappresentanti. È vero che l’Italia sta attraversando una difficile fase politico-istituzionale, resa più grave da una crisi economica che dura da quasi un decennio, ma noi, Il Popolo, siamo ancora sovrani, non abbiamo solo il diritto di far sentire la nostra voce, ne abbiamo il Dovere. Far parte di una Nazione significa combattere per il bene di quest’ultima, non solo attraverso le armi, ma anche e soprattutto attraverso le azioni. Il detto celeberrimo «l’unione fa la forza», non è uno specchietto per le allodole. Io mi rivolgo in modo particolare ai giovani, ma anche a tutti coloro che leggeranno questo semplice articolo: informatevi, facciamolo per noi stessi! Lottiamo per gli ideali in cui crediamo e non pensiamo MAI che la nostra opinione non valga la pena di essere espressa perché «tanto» non cambierà mai nulla. Una cosa è certa, se non ci proviamo niente potrà mai cambiare. Non limitiamoci inoltre alle problematiche del nostro Stato dimenticando l’esistenza di tutti gli altri. Al giorno d’oggi Africa e Asia sono dilaniate da guerre che noi europei abbiamo causato nel corso dei secoli. Anche se possono apparire lontani da noi, i problemi e le tensioni che angustiano queste nazioni ci riguardano direttamente. In Europa si sta discutendo molto sull’accoglienza da riservare agli stranieri provenienti dalle zone dilaniate dalla guerra e sui problemi che quest’emigrazione di massa sta causando. Ma cosa c’è da discutere? Sono povere persone che vengono costrette a lasciare il loro Paese sperando di trovare qui un po’ di pace e quell’aiuto di cui hanno tanto bisogno. So che non è semplice accettare questi arrivi in massa ma, d’altro canto, cosa possiamo fare? Vengono qui per fuggire la guerra, affrontando viaggi infiniti e cosparsi di pericoli e senza la certezza di trovare ciò che cercano. Perciò cerchiamo di essere un po’ più comprensivi, anche perché, sinceramente, sentire molta gente dire: «Due cannonate e tornano a casa loro!», è un fatto che mi rattrista molto e che mi fa vergognare. Vero è che nemmeno in Europa tutto è rose e fiori. Il nostro continente è infatti in gravi difficoltà e il fattore immigrazione ha accentuato le tendenze individualiste dei singoli stati. Ma non dimentichiamoci che l’Europa è una ed unita! Ed ora, in particolare in questo momento di tensione a causa degli attenti avvenuti a Parigi venerdì 13 ottobre, il pensiero di noi tutti, come singoli stati e come componenti dell’unione, deve andare alle famiglie delle vittime e ai sopravvissuti. Avere paura, in una situazione del genere, è perfettamente normale, in quanto siamo persone dotate di umanità; ma importante è anche non farci sopraffare da questo sentimento. Infatti, una chiusura totale delle frontiere di tutti gli stati europei è assolutamente da evitare. Fare ciò vorrebbe dire agevolare ai terroristi il lavoro, dargliela vinta! Infine, vorrei tornassimo tutti al periodo della nostra infanzia, quando ogni persona era nostra amica e il male era qualcosa di estraneo al nostro mondo. Vorrei che tutti per un momento pensassimo a Parigi, non spaventati, anzi, coscienti del fatto che da soli siamo tutti facili prede di questi uomini che ne ammazzano altri in nome di Dio. Mostriamo la verità delle parole «l’unione fa la forza!» in quanto, solo uniti riusciremo ad affrontare i problemi che il mondo, oggi, ci chiede di fronteggiare.

// Claudia Mazzelli
Castenedolo

Gioventù «sdraiata», forse, ma se è anche «pensante» come lei, gentile Claudia, fa ben sperare. Stare fermi può aiutare ad evitare l’agire scomposto. Salvo essere pronti - una volta individuati obiettivi convincenti - a mettersi in moto nella consapevolezza che ciascuno, ragazzo o adulto che sia, è chiamato a fare la propria parte nella costruzione del domani di tutti. (n.v.)

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