Padre Marcolini, il vostro ricordo un ottimo lavoro

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Molto bella davvero la pagina che il vostro giornale, nell’edizione di giovedì 21 novembre, ha dedicato alla figura di un Santo bresciano. Santo mai canonizzato, ma Santo nella memoria e nel cuore di centinaia di famiglie e dei tanti bresciani che gli hanno voluto bene. Quel Santo è Padre Ottorino Marcolini. Nella pagina che ho citato, Tonino Zana ha saputo, da par suo, restituire l’immagine viva del prete della Pace e della sua opera. So che Tonino condivide con me la convinzione che su Ottorino Marcolini si sia operata da sempre una sorta di damnatio memoriae, la rimozione della memoria di una figura straordinaria dovuta probabilmente alla grettezza, all’invidia, alla difficoltà di tanti di accettare la straordinarietà e la complessità di un uomo come Marcolini. Perché Marcolini era un prete e un uomo dotato di una visione che troppi altri non hanno saputo o voluto riconoscere e condividere. Nel libro di cui sono stato coautore con Zana, si ricorda fra l’altro, come Marcolini si dichiarasse totalmente disinteressato alla carriera ecclesiastica ma come rivendicasse invece il suo buon diritto di essere nominato Cavaliere del lavoro. Tuttavia quando sembrò che la sua nomina fosse imminente, alcuni ambienti bresciani si adoperarono per impedirla. Mi ha fatto ricordare questa vicenda la fotografia a centro pagina che mostra Marcolini mentre illustra un progetto a Vittorio Valletta, allora presidente della Fiat e a Bruno Beccaria, al tempo direttore dell’OM di Brescia e, di lì a poco, fondatore e presidente di Iveco. Di Marcolini, Beccaria era stato prima allievo e poi amico intimo. Le loro vite si intrecciano per cinquant’anni. Quando nel 1946 viene deciso a Torino lo smantellamento dell’OM Beccaria mette in campo la capacità persuasiva e l’intraprendenza di Marcolini per evitare prima la chiusura dello stabilimento e poi per favorirne il rilancio. La storia delle cooperative di lavoro camune patrocinate da Giuseppe Camadini nascono da un’idea di Beccaria che, sulla scorta della lezione marcoliniana secondo cui costa molto meno spostare le merci che le persone, decentra in valle alcune lavorazioni dell’OM affidandole a cooperative di operai camuni dell’OM costituite da Marcolini. La sorte vuole che Bruno Beccaria venga nominato Cavaliere del Lavoro nel 1977. È il caso dell’allievo, l'ingegner Bruno Beccaria, che per una volta supera il maestro, l’ingegner Ottorino Marcolini. Ed è sempre la sorte in agguato che non consente a Marcolini di esportare i suoi villaggi a Pavia. Per il pomeriggio di giovedì 9 novembre 1978 Padre Marcolini ha fissato da tempo un appuntamento alla Necchi di Pavia di cui è direttore Giampiero Beccaria, figlio del suo amico Bruno. Lo scopo dell’appuntamento è quello di fare un sopralluogo su alcune aree dove insediare Villaggi La Famiglia e di organizzare i primi incontri per la costituzione di nuove Cooperative. Ma proprio il mattino di quel disgraziato giovedì Marcolini è vittima dell’incidente d’auto che lo porterà alla morte di lì a due settimane. L’ingegner Bruno Beccaria, laico fino al midollo, così come l’ingegner Moretti, grande professionista e grande mangiapreti, erano parte di quel ristretto cenacolo di professionisti e imprenditori che Padre Marcolini aveva saputo radunare attorno a sé e che sapeva sfruttare «spudoratamente» per le sue opere di carità. Dopo aver condiviso tanto in vita anche dopo la sua scomparsa avvenuta nel 2000 è toccato a Bruno Beccaria condividere la damnatio memoriae toccata a Marcolini, una sorta di ostracismo post mortem come se la città che conta volesse affermare una reciproca estraneità. Marco Manfredi Toscolano

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