La Santa Lucia Nera dei nostri nonni in Adamello nel 1916

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Ogni anno il nostro pensiero corre a questa magica notte, ricca di doni per i nostri bimbi e di ricordi per noi grandi. Quest’anno però, c’e un motivo di più per fare della memoria, un altare di pace. Per tre notti nel 1916, nevicò pesantemente sulle nostre Alpi, un candido mantello che si posò sulla neve precedente già indurita. Arrivò improvviso un vento caldo, il phon che rialzò nella notte di Santa Lucia di trenta gradi la temperatura. Su quei pendìi, dieci metri di neve appena caduta, cominciò a slittare a valle e sotto c’erano loro, i nostri nonni. Preceduta da uno spostamento d’aria paragonabile a quello di un’esplosione atomica, una massa gigantesca di neve fradicia, rocce e ghiaccio spazzò le gole e i pendìi, disintegrando villaggi di baracche, alloggi, magazzini e stalle. Migliaia di quei ragazzi in divisa furono travolti e scaraventati a valle con teleferiche, depositi e cannoni. Solo tra gli austriaci furono 6.000 i caduti in quella sola notte, in una data che sarà ricordata per sempre come la Santa Lucia Nera. Molti nella disperata ricerca dei sopravvissuti, scavarono e frugarono sotto quelle cime e restarono vittime delle slavine che seguirono. Che in questa notte, 100 anni dopo, molti vogliano ricordare quei poveri ragazzi soffocati sotto la neve, vittime della montagna e della follia umana, che siano consci della memoria di quella sofferenza e di quell’immane sacrificio. Perché ricordare, sempre, è già esso stesso un lavorare per la pace.

// Sergio Boem
Padenghe s/G.

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