L’intelligente ironia e la passione del conte professore

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Ho appreso, con sorpresa, dalla stampa locale l'avvenuta scomparsa del conte Luigi Amedeo Biglione Di Viarigi, mio stimato professore di lettere nel triennio scolastico 1967/1970, e anche attraverso il Suo giornale desidero associarmi al dolore dei familiari e dei numerosi estimatori per la perdita d’un fine intellettuale e d'una straordinaria figura dì educatore. Il professor Di Viarigi, infatti, con quel suo atteggiamento austero e, in apparenza, distaccato, da antico magister mitigato nell’eloquio da spunti arguti e da lampi d'intelligente ironia, è stato un moderno Virgilio che ha guidato noi - allora poco più che adolescenti - nella difficile esplorazione di quell’incomparabile «universo» rappresentato dalla letteratura italiana. Un ruolo che, sicuramente, gli era congeniale perché affascinato nel profondo da certe opere, non si contentava di proporle in omaggio ai programmi ministeriali ma s’impegnava -riuscendoci- affinché condividessimo a nostra volta il diletto, o meglio, le infinite emozioni che quelle letture gli procuravano. In definitiva, il suo modo originale di interpretare il ruolo di docente consisteva proprio in questo. E lo s'intuiva, ad esempio, quando proponeva il Manzoni che — suppongo - fosse l'autore a lui più caro per temperamento e per altre evidenti affinità. Negli anni successivi, del professor Di Viarigi ho, poi, apprezzato l'attività dì saggista ed in particolare i pregevoli elzeviri che, occasionalmente, proponeva nella pagina culturale del Giornale di Brescia dove, in aggiunta all’indiscussa competenza, manifestava una insospettata attitudine per la divulgazione. In essi, egli disvelava un altro aspetto che, da studenti, non avevamo intuito: la sua propensione o, meglio ancora, la sua passione - perché di questo si trattava - per lo studio del Risorgimento ed in particolare dei patrioti minori come Giuseppe Cesare Abba e Gabriele Rosa. Le sue analisi, infatti, sempre ben argomentate ed assolutamente libere dai condizionamenti di certi stereotipi alimentati dalla mistica risorgimentale, non risultavano mai banalmente asettiche ma ci restituivano personaggi veri, palpitanti, del tutto privi dei tratti dell'eroe, convinti delle loro idee ma, nello stesso tempo, inclini a coltivare l'arte del dubbio. Perché l'immagine di quel professore, dall'età indefinita e dall'ancor folta criniera corvina, così distinto e, in quegli anni di accentuato fermento, vagamente demodé, con quei suoi impeccabili completi grigi e l’inseparabile cravatta, che raggiungeva la scuola a bordo di un rombante maggiolino Volkswagen - ai nostri occhi di ragazzi altrettanto retro - è rimasta appiccicata nella mia mente e vi rimarrà per sempre associata a quella di un altro indimenticabile docente come padre Giacomo Bonomi - anch'egli scomparso - il Rettore «per antonomasia» di quel collegio. La sorte e le circostanze della vita ci affiancano compagni di viaggio d'ogni tipo che talvolta - a prescindere dall’intensità e dalla costanza dei rapporti - s’impongono per la loro caratura e che rimangono in noi per i valori che ci hanno trasmesso - anche inconsapevolmente - nell'esercizio del loro ruolo. Luigi Amedeo Biglione di Viarigi, per me e, suppongo, per molti altri suoi allievi, può essere giustamente ricompreso tra costoro. Anche per questo, con animo commosso, nel momento dell'addio m'inchino riconoscente alla sua memoria.

// Giuseppe Vitali
Iseo

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