Invalida e in balìa della burocrazia e dell’indifferenza

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Le scrivo perché sono veramente indignata, per la burocrazia e l’indifferenza che tutti i giorni mi tocca personalmente. Le racconto dall’inizio, nove anni fa mi è stato diagnosticato un tumore al seno, maligno e già in metastasi. Ho subito due interventi, chemioterapia e radioterapia. Mi dissero: se vive tre anni è fortunata. Beh sono ancora qui... Ma non in perfetta salute, ancora prendo la terapia. Inizialmente mi hanno concesso il 100/100 di invalidità, poi 80 e per finire il 35 ma con questa percentuale non ho nessun tipo di diritto mi spiego. Per vivere lavoro come colf, pulisco 5 appartamenti a settimana e stiro anche a domicilio (per 900 euro mensili). Il mio braccio si infetta anche solo con una puntura di zanzara, e l’osteoporosi peggiora con la terapia. Ma la loro indifferenza non ha tenuto conto di nulla, anzi mi hanno pure umiliata. Mi chiedo; prima ero invalida solo perché pensavano morissi in tre anni? Mi serviva solo per cambiare lavoro, più leggero non certo per avere chissà che... Ho provato a fare domanda per bidella, ma serve il diploma. Ho provato cassiera nei super mercati, ma serve il diploma. ora anche qui, sono nata nel 1964, non era obbligatorio avere il diploma, in più eravamo 9 fratelli, impossibile farci studiare. Per ovviare al problema a 53 anni dovrei iscrivermi a scuola serale, spendere soldi e aspettare altri anni per poter sperare in un lavoro adatto alle mie esigenze, oppure scuole private e migliaia di euro che non ho. Ho provato anche a prendere un edicola, ma chiedono 80mila euro per la licenza. Praticamente, come dice l’assistente sociale: continui a fare i mestieri, nonostante abbia più la forza di farlo. Una donna come me che vuole lavorare e potersi mantenere da sola (affitto ecc.) che scelta ha in questo bel Paese? Capisco che visto che sono ancora viva, mi devo ritenere fortunata. Ma se ho un lavoro adatto lo sarei ancora di più. Scusate lo sfogo, ma penso che gente come me sia invisibile, per la previdenza sociale sarebbe stato meglio fossi già morta, e per il mondo del lavoro idem...

// Lettera firmata Gentile lettrice, essere in vita non è mai una colpa né può o deve trasformarsi in una... maledizione. Il fatto che lei sia ancora qui ed abbia superato una grave malattia è il solo «meglio» di cui possiamo parlare... Detto questo, i criteri per il riconoscimento delle percentuali di invalidità sono stati resi più restrittivi negli ultimi anni per i «soliti» motivi: contenere i costi ed evitare casi - e non è certamente il suo - di «furbetti» che nel nostro Paese non mancano mai. Ma se su questo versante non è possibile al momento attendersi alcunché, spero che la pubblicazione di questa sua lettera solleciti almeno qualche riflessione su come dare o promuovere concrete opportunità di lavoro, adeguate al loro stato fisico, a persone con un’invalidità come la sua. E consenta loro di rendersi un po’ meno «invisibili». (g.c.)

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