Il mondo cambia, l’aggettivo anziano che non piace più

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Mi sovviene spesso di leggere sul quotidiano che acquisto tutte le mattine in edicola, cioè sul vostro e nostro Giornale di Brescia, quando la cronaca riferisce di incidenti stradali o di altro genere, la parola «anziano» riferita a persone che hanno superato i sessant'anni di età. A me questo aggettivo dà parecchio fastidio. Basterebbe dire «uomo o donna» indipendentemente dall'età anagrafica. Credo che molte persone la pensino come me e si sentano un pochino offese. La vita si è allungata, oggi chi ha superato gli anta spesso è ancora al lavoro, conduce un'esistenza attiva e si dedica a molte cose, non ultimo quella di fare i nonni a tempo pieno. Anche dal punto di vista fisico le persone non più giovanissime si curano e si vestono in maniera assai diversa da come si abbigliavano i nostri papà e le nostre mamme e quindi portano decorosamente i propri anni, anzi si vedono in giro sessantenni, settantenni e ottantenni pimpanti e gagliardi, che non dimostrano affatto la loro età. Non so se questi pensieri che, naturalmente, sono di una bresciana non «issima» potranno essere condivisi dalla cortese direttrice, ma stamattina mi andava di esprimerli così.

// Guerrina Bettini
Castenedolo
Il direttore risponde Gentile Guerrina, non posso che darle ragione. I tempi cambiano e il sessantenne di oggi non è certo quello di trenta, quarant'anni fa: siamo chiamati a modificare la Costituzione ma fatichiamo ad aggiornare anche solo il lessico. Ci conceda però un'attenuante: la definizione anziano non è e non vuole essere sinonimo di «vita in declino». Anzi: converrà che la vivacità della terza età trova ampio e giusto spazio sul nostro e vostro giornale. Quanto al suo rilievo, ripeto: non posso che darle ragione. Ne faremo tesoro. (n.v.)

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