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Eva e Maria Pia: detective tra i segreti della coppia dell'acido

Eva Balzarotti, originaria della Valcamonica, e Maria Pia Izzo hanno lavorato come consulenti nel processo a Alex Boettcher
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Vivono in una bella casa di periferia con quattro gattoni arruffati. Eva è appassionata di «Criminal Minds» e a volte sogna di scappare via - chessò, per cucinare piatti italiani in qualche paese straniero -, ma la verità è che la professione di detective informatico le calza a pennello. Maria Pia, invece, i cattivi se li sogna di notte e non le piace per niente.

Potendo cancellerebbe dalla memoria - la sua - le brutture con cui si è ritrovata a fare i conti; e si dedicherebbe anima e corpo alla sua linea di streetwear, la «SJF Company». La loro vita, in questi giorni, somiglia tanto a un telefilm. E un po’ come una serie tv - a cavallo fra Fargo, Scandal e Ally McBeal - la stanno vivendo loro. 

Eva Balzarotti, orgogliosamente mezza camuna di Novelle di Sellero, e Maria Pia Izzo, sua compagna di vita e professione, sono le super consulenti informatiche che, lo scorso 26 gennaio, durante un’udienza campale, hanno cambiato il destino del processo alla «coppia dell’acido» (che già il nome pare una serie di «True Detective»). Le titolari della società informatica Atlan66, con sede a Bovisio Masciago, in Brianza, sono state ingaggiate dagli avvocati delle parti civili per aiutarli a rivelare i segreti di Alexander Boettcher, condannato a 14 anni per aver sfigurato, con la compagna Martina Levato, il 25enne Pietro Barbini, e a 23 anni per l’aggressione con l’acido nei confronti di Stefano Salvi.

Dal pc e dal telefono di Alex è emerso di tutto: dalle minacce alla fidanzata, fino ai racconti scabrosi agli amici; dai video goliardici alle riprese di maltrattamenti. Alex che scherza sulle sue abitudini sessuali violente; Alex che umilia Martina, la chiama con epiteti irripetibili e la marchia, riprendendosi col cellulare. Alex che si fotografa fuori da una disco, prima di spegnere il telefono; e Alex che cerca nel web le tecniche per evirare qualcuno. L’incarico. 

Eva e Maria Pia si sono trovate invischiate in quello che è, a livello mediatico, fra i processi più seguiti degli ultimi mesi. A contattarle in extremis, proprio agli sgoccioli del dibattimento, gli avvocati delle parti civili. 

«Ci hanno commissionato un’analisi di pc e telefoni, ma solo per scrupolo - raccontano -. Non pensavano di trovare granché». E invece. «Ci aspettavamo un paio di telefoni - raccontano - e ci siamo ritrovate ad analizzare qualcosa come trentuno periferiche. Gli avvocati avevano bisogno di verificare se quegli apparecchi raccontassero verità diverse da quelle che Alex si ostinava a ripetere. Ma il suo iPhone era bloccato e dal pc erano stati cancellati, misteriosamente, migliaia di file audio e video». 

In un solo giorno Eva e Maria Pia recuperano le immagini dal pc e risalgono fino all’ultimo backup del telefonino. «Sono emersi screenshot di conversazioni - raccontano -, e filmati e fotografie di forte impatto. Ma anche semplici minuzie, che per noi non avevano significato ma che, inserite in un contesto ampio, sono diventate fondamentali. Come un semplice appuntamento al mercato che, di fatto, sbugiardava uno degli alibi». 

La prima fase del lavoro è dedicata alla verifica delle circostanze e al raffronto con la documentazione emersa dalla nebbia informatica. Fino all’udienza campale del 26 gennaio. Con il via libera alle operazioni di sblocco dell’iPhone 5 di Alex. 

«Attraverso una serie di deduzioni - gongolano Eva e Maria Pia - eravamo giunte alla conclusione che il telefono avesse installato il sistema iOs8, diventato craccabile. E abbiamo convinto gli avvocati a chiedere ai giudici un supplemento di indagine. È stata una grande vittoria». L’iPhone spedito ad una società a Monaco torna magicamente aperto. E dal 23 al 29 febbraio Eva e Maria Pia lavorano giorno e notte per classificare circa 10 gigabyte di materiale

«Abbiamo dormito quattro ore per notte, lavorato come pazze e visto cose orribili» raccontano. Tutto il materiale finisce dritto in aula, come pure sulle prime pagine delle testate nazionali e delle riviste scandalistiche. C’è poco da eccepire, al punto che pure gli avvocati della difesa riconoscono l’ottimo lavoro fatto dalle due detective. Che non sono rimaste indifferenti di fronte a questo «caso» di cronaca nera. 

«A volte ancora non dormo di notte» confessa Maria Pia. «Io continuo a sognare l’esame di Maturità - replica Eva -, ma sto vivendo tutto questo come fosse un telefilm. Mi sembra l’unico modo».

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