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Ali e radici, questo dobbiamo dare ai figli

Vale per loro e vale per noi: imparare ad andare alla velocità degli altri mantenendo i nostri orgogli industriali
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«La conosce?» Che cosa? «Come cosa? La montagna. È l'Adamello!». A Emanuele Morandi pare sorprendente che uno non sappia distinguere le cime. «Son debole in fisiognomica», ribatto modestamente.
Si parte così, per la montagna. E non è un brutto partire. Viaggio e cime. La montagna come metafora dell'oggi, delle difficoltà, della crisi. La vetta da raggiungere per uscire dalle paludi. Morandi cita Smith e Schumpeter, ma riconosce a Simone Moro - bergamasco e alpinista - il merito di aver scritto come nessuno di crisi e di come uscirne, soprattutto di aver detto di come dalle situazioni di rischio (e quindi di crisi) se ne può uscire se si è insieme, se si fa cordata, se ci si aiuta, se si va - per l'appunto - insieme portando ognuno i propri sogni e il proprio bagaglio di esperienze. Ai figli - ricorda Morandi citando un antico proverbio indiano - «dobbiamo dare radici ed ali», dobbiamo dar loro gli orgogli e le esperienze del passato con la voglia di andare a sperimentare cose nuove.
Morandi guida oggi un piccolo gruppo di lavorazioni siderurgiche fondato dal padre. Avrebbe potuto seguitare a vivere facendo quello che fa. Ma una decina d'anni fa intuì le potenzialità del web e si fece Siderweb, un portale dedicato alla siderurgia, e poi Made in Steel, che io chiamo fiera ma che lui considera «un laboratorio di idee, un volàno di conoscenze, una piattaforma di relazioni in ambito siderurgico». Una fiera per la siderurgia, per l'appunto.
Morandi è un imprenditore colto, appassionato, impegnato civilmente nel senso che assegna al suo mestiere un ruolo di non sola produzione di denari.
Perdoni Morandi, storie belle e visione della vita apprezzabile, ma - al dunque - qui serve uscire dalla crisi, servono fatturato e denari.
«Abbia pazienza. Io ho una mia idea. E l'esempio che più mi viene immediato è quello dei Medici di Firenze. Erano banchieri giovani e ricchi, potevano fregarsene di tutti e fare la loro bella vita. E invece hanno deciso di investire negli artisti e ci hanno dato il Rinascimento. Domanda: quanto vale oggi per l'Italia il Rinascimento? Altra domanda: cosa lasciamo alle giovani generazioni? Qualche bella casa e tanti capannoni vuoti».
Cosa ci insegnano i Medici?
«Che la cultura serve, resta, è un investimento. E che il mettere insieme teste diverse dà risultati straordinari perché la diversità ci porta ad essere creativi. Dobbiamo imparare dai Medici e da Schumpeter che ricordava come l'imprenditore non è chi inventa, ma chi fa innovazione. Oggi l'innovazione più importante per me è convincere gli imprenditori a cooperare, a fare cose insieme per uscire dall'oceano Rosso».
Oceano Rosso?
«È l'area del mercato più affollata, più competitiva, quella dove più facilmente vincono gli squali. Ma noi - noi italiani in particolare - siamo pescetti, rapidi ed agili. Dobbiamo girare alla larga dal sangue, stare in gruppo e andare nell'Oceano Blu, dove hanno più spazio le imprese della nostra taglia».
Fuori di metafora e per scendere al concreto. Parliamo di siderurgia.
«D'accordo. Nel 1976 nel bresciano c'erano 79 aziende fra acciaierie e laminatoi. Oggi sono la metà della metà e resta sul mercato un eccesso di capacità produttiva. Perché Odolo fatica a reggere? Perché non ci si mette insieme, non si fanno progetti insieme. In Italia abbiamo 1.250 società che distribuiscono prodotti siderurgici, in Germania sono 750, in Francia 140. Perché?».
Non saprei. Dica lei: perché non si mette insieme ad altri?
«Ma io sono un piccolo, non sposterei nulla sul mercato. Io ho fatto un'altra strada: ho creato Siderweb e Made in Steel che sono modo diversi e nuovi per stare insieme, per essere innovativi, per cominciare un possibile cammino. Io la vedo così: se la nostra è una crisi di quel che abbiamo (o non abbiamo) in testa, non bastano risposte a breve. Bisogna investire sul lungo. Siderweb e Made in Steel altro non sono che modi per diffondere conoscenza, contaminarsi, cooperare, riflettere insieme. Per esempio: se è vero che la crescita negli anni prossimi per noi sarà più contenuta, se si impone il cosiddetto "nuovo modello di sviluppo" è sensato, mi chiedo, continuare a fare tondo per cemento armato?».
Lei fa un sacco di domande. Io le potrei rispondere: è quello che sappiamo fare...
«Sì, ma le cose cambiano. Anche qui cambiano. Solo un esempio: la cooperazione avviata fra due aziende delle forge di Cividate Camuno è una bella cosa, un buon segnale. Brescia ha risorse e intelligenze per provare a cambiare».
Risorse e intelligenze. Io dico che Brescia avrebbe spazi e intelligenze per dar vita ad una sorta di «Fiera delle idee», un modo per far incontrare chi cerca cose nuove, chi si mette in viaggio.
«Una fiera delle idee? Non saprei. Potrebbe essere il caso di pensarci. Attenzione, però, a non morire di "brescianità". In giro cose simili mi pare ci siano. C'è spazio? Certo, abbiamo risorse, belle università. Potrebbe essere un'idea da valutare anche perché abbiamo eccellenze straordinarie e una storia industriale formidabile che andrebbe insegnata». Le radici degli esordi, per l'appunto.
Gianni Bonfadini
g.bonfadini@giornaledibrescia.it

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