Valsabbia

Se un ragazzo muore di droga la colpa è sua?

La lettera del papà di Emanuele Ghidini dopo i commenti Fb alla notizia del rinvio a giudizio di un 20enne
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Se un ragazzo si droga e muore è colpa sua. Questa la conclusione di alcuni soggetti che con giudizio sommario hanno commentato il giorno 27 febbraio 2015 l’articolo sulla pagina facebook del Giornale di Brescia, riguardante la notizia del probabile rinvio a giudizio di un ragazzo di 20 anni che avrebbe ceduto la droga al mio Emanuele la notte del 24 novembre 2013, causandone indirettamente la morte.

Premetto che come padre non ho mai espresso soddisfazione per l’eventuale futura condanna di questo ragazzo (spacciatore). Ovviamente la legge è molto severa quando un maggiorenne vende quella merda ad un minorenne è probabilmente è giusto così: troppi ragazzini vengono catturati dal miraggio di provare queste droghe. Per sentirsi più grandi, per riempire un qualche vuoto che è dentro di loro. E sicuramente esiste il libero arbitrio e la capacità di dire NO. Emanuele sicuramente non è stato capace di dire no.

Come molti ragazzi che si fanno risucchiare nel vortice delle dipendenze, non si era reso conto che quelli che si professavano «amici» forse volevano solo sfruttarlo. Certamente Emanuele ha sbagliato, ma mi chiedo: il fatto che abbia sbagliato rende giusta la sua morte? Oppure lo spacciatore non ha colpa alcuna perché il fatto che si drogasse non lo rendeva un bravo ragazzo?

Alcuni dei commenti che sono stati postati cercano un giudizio sommario su Emanuele, non considerando che sono le droghe la cosa sbagliata, ma bensì preoccupandosi di distinguere i bravi ragazzi (che non si drogano), dai cattivi ragazzi (che cadono nelle dipendenze).

Tristissimi secondo me alcuni commenti che si preoccupano di sottolineare con infiniti punti di domanda il fatto che Emanuele non era un bravo ragazzo.

E quindi? Era giusto che morisse perché non era un bravo ragazzo?

Commenti di accusa che arrivano a condannare anche noi genitori (ovviamente non mi sottraggo alle mie responsabilità): non credo che basti un’educazione rigida per eliminare ogni rischio, credo che la materia sia un po’ più complessa e credo che non esistano solo le droghe che possono trascinare nel baratro i nostri giovani (ma spesso anche gli adulti): esistono l’alcool, il gioco d’azzardo, la pornografia. Tutte dipendenze che rendono le persone peggiori e rendono il mondo qualcosa di triste e brutto per chi ci cade.

Non credo esistano ragazzi buoni e ragazzi cattivi. È vero però che esistono le scelte. C’è chi sceglie il buio delle dipendenze e chi invece riesce a starne lontano e vive una vita piena e serena. Ma a 16 anni forse non si ha ancora quella piena capacità di discernimento che dovremmo avere noi adulti e credo che sia giusto tutelare i nostri ragazzi con delle leggi rigide che impediscano la facile distribuzione di ogni prodotto che possa provocare delle dipendenze.

Ma in ogni caso credo fortemente che chi cade nelle dipendenze non sia destinato a morire e non vada giudicato come cattivo ragazzo, ma vada aiutato a capire il perché deve scegliere la vita e non la morte, la luce e non il buio. Certamente con persone che si ergono solo a giudici supremi i nostri giovani non ne usciranno mai.

Ho detto più volte che sarei disposto anche ad abbracciare lo spacciatore che ha dato la droga ad Emanuele, se capisse che la strada che ha intrapreso non è quella giusta e cominciasse a scegliere una strada «sana».

Quando vado nelle scuole a raccontare la mia, la nostra storia (non certo ad insegnare o a giudicare), guardo negli occhi i ragazzi e rivedo Emanuele in ognuno di loro.

Io vado (gratis) per raccontare la gioia e non il dolore, il perdono e non il rancore, l’amore e non l’odio.

E mi sarebbe tanto piaciuto avere il mio Emanuele seduto lì con loro.

Papà Gianpietro

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