Valcamonica

Wojtyla e Pertini, una giornata da amici sull’Adamello

L’indimenticabile 16 luglio 1984 al rifugio Cai sulla Lobbia Alta. Nel 1982 la prima visita papale a Brescia, omaggio a Paolo VI
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«Vado a sciare in Adamello, vuole venire con me?». Così Giovanni Paolo II, con una telefonata diretta, invitava il presidente della Repubblica Sandro Pertini ad uno degli incontri destinati ad entrare nella storia dei rapporti tra Italia e Vaticano. Si era nel cuore dell’afoso luglio 1984: papa Wojtyla fece la telefonata il venerdì 13 e la salita al rifugio «Ai Caduti dell’Adamello» sulla Lobbia Alta, avvenne di prima mattina, il lunedì 16. Dell’Adamello, a Giovanni Paolo II, sicuramente aveva parlato mons. Giovanni Battista Re, che in quegli anni era già tra le persone più vicine al Papa. Il luogo giusto per ritirarsi qualche ora. «Avevo bisogno di una pausa si distensione - si racconta che Wojtyla abbia detto a Pertini - ed ho pensato che sarebbe piaciuto anche a lei venire». Appena giunto - in aereo da Ciampino a Verona ed in elicottero fino sull’Adamello - il Papa ha subito messo gli sci ai piedi. «Volteggiava come una rondine», dirà Pertini ricordando quelle ore. Poi a tavola, come vecchi amici, a parlare in libertà e a mangiare di gusto gli «strozzapreti» cucinati da Carla, la moglie di Martino Zani, il gestore del bivacco. Lassù, a fare gli onori di casa, l’on. Sam Quilleri, presidente del Cai di Brescia, sorpreso e felice.

A fine pomeriggio Pertini tornò a Roma e non riuscì a trattenersi dal far diffondere una brevissima nota del Quirinale: tre righe che fecero il giro di tutto il mondo, e costrinsero i giornali italiani a ribaltare la prima pagina. Giovanni Paolo II, invece, restò a sciare con Franco Zani, maestro di sci e figlio del gestore, per un’altra giornata. Gli escursionisti vennero tenuti alla larga con una bugia veniale: si disse che erano in corso esercitazioni militari. Entrambi, il Papa e il presidente, sapevano d’aver fatto uno strappo forte a tutti i protocolli, ma contavano sull’affetto popolare che ha sempre circondato le loro scelte, ancora di più quando sfuggivano ai riti dei rispettivi Colli.

Nel Bresciano, sia Papa Wojtyla sia il presidente Pertini, erano venuti in visite dall’approccio ben più ufficiale e solenne, due anni prima. Pertini il 28 maggio 1982, per l’anniversario della Strage di Piazza Loggia. Giovanni Paolo II la domenica 25 settembre, a rendere omaggio al suo predecessore Paolo VI. Quella prima visita papale bresciana fu intensa e misurata in ogni suo attimo. A scorrere le cronache della giornata si può cogliere la grande lezione di fede e di speranza che Wojtyla ha voluto tracciare, come un segno di croce, da nord a sud, da est a ovest, sulla città. A cominciare dalla meditazione davanti al fonte battesimale di Giovanni Battista Montini, nella chiesa di Concesio. Poi la discesa verso l’Ospedale Civile, la città del dolore e della cura. Carico di significato civico il passo successivo, in piazzale Cesare Battisti, dove viene accolto dal sindaco Cesare Trebeschi e dal presidente del Consiglio, Giovanni Spadolini. Non meno commovente è l’omaggio alla stele che ricorda le vittime della strage, in piazza della Loggia. Subito dopo il vivace abbraccio dei ragazzi, in piazza del Duomo, un’anteprima di quel che poi saranno le Giornate della gioventù, con il messaggio che diverrà una sua bandiera:«Andate e contagiate il mondo!» Il Papa incontra i rappresentanti del laicato cattolico al Cento Paolo VI, sede dell’istituto presieduto da Giuseppe Camadini, sorto per la promozione degli studi sul pontificato montiniano. Nel salone del palazzo vescovile, con mons. Luigi Morstabilini accanto, Giovanni Paolo II abbraccia i vescovi lombardi. Altri due appuntamenti significativi si susseguono: con sacerdoti e religiosi in Duomo; e poi alle Grazie, il santuario dove Paolo VI celebrò la sua prima messa. A fine pomeriggio, a Campo Marte, per la celebrazione finale, si calcola siano almeno centomila i fedeli accorsi.

Claudio Baroni

 

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