Garda

Quei provinciali con la smania di stupire

La vicenda di una drag queen, Madame Sisì, investita per un giorno - ieri per la precisione -del potere di celebrare un matrimonio
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Ecco una storia gardesana nel profondo. Se ne fossi capace, scriverei un romanzo di duemila pagine sul Basso Garda. Lo baserei sul mondo dei prestiti e dei finanziamenti. Questo sarebbe un bel capitolo. Non tanto la vicenda di una drag queen, Madame Sisì, investita per un giorno - ieri per la precisione -del potere di celebrare un matrimonio (civile, per adesso) tra due amici, nella ridente Lonato posta su un colle a dominare il lago.

Una drag queen che per inciso è anche un ragioniere, con un nome oltretutto da ragioniere, Carlo Tessari. In tutto questo io davvero non so dove stia l’eccezione, perché drag queen e ragionieri sono allo stesso modo due specie gardesane, difficili da trovare in altri posti (soprattutto i ragionieri).
Ma non è questo il punto. E nemmeno che a sposarsi non sono due gay, come ci si aspetterebbe in un tempo di cattiva narrativa come il nostro, bensì un maschietto e una femminuccia come la maggior parte delle coppie esistenti. Tutto questo va bene. 

La storia bella non è questa. La storia bella, quella che davvero può interessare un vero romanziere e non un cicisbeo da salotto, riguarda il sindaco, ossia colui che ha dato alla drag ragioniera la delega per celebrare il matrimonio e la sua fascia tricolore.
Senza delega del sindaco il matrimonio infatti non si può celebrare. 
Leggo da qualche parte: il sindaco gongola. Non so bene come si faccia a gongolare, comunque, il sindaco gongola per la sua idea piena di apertura mentale e di altre cose che sul momento non mi vengono alla penna. 
 
È lui il protagonista della storia, le altre sono comparse: del ragioniere regale e dei novelli sposi si perderanno le tracce, e di questo mi dispiace perché gli sposi sono simpatici: sono due veri sposi gardesani, non più giovani, navigati, disincantati e carichi di quella bonaria ironia, da bar, che conosce tante cose della natura umana, dalle cambiali protestate allo sterminio etnico. 
Qual è il potere misterioso del sindaco? Questo: che il sindaco delega. La delega è il correlativo della condiscendenza, della bontà, è il microfono che Vasco Rossi offre al pubblico quando attacca il ritornello di «Albachiara». È una discesa dal piedestallo che ci ricorda di chi è, il piedestallo. 
 
Qui sta la sublimità della demenza che ci possiede tutti. La delega, lei è la madre di tutte le cose, e il sindaco è il suo demiurgo. 
Lui ci dà l’esempio da seguire, ci indica la strada. Un tempo ci insegnarono che ogni individuo è unico e irripetibile, ma col tempo abbiamo imparato che questo non è vero: nessuno è insostituibile, tutti siamo intercambiabili, uomini e pezzi di uomini (fegati, reni ecc.). E questa grande verità non ci è stata insegnata dai mafiosi, ma dalla democrazia. 
 
Dovrei a questo punto ricordarmi di dire che il matrimonio (anche quello civile) è una cosa seria, ma sono certo che i due contraenti, che si sono presentati di persona alla cerimonia, sono più che seri, serissimi, visto che non delegano nessuno a loro volta. Avrebbero potuto anche loro mandare qualcuno al proprio posto, investirli dell’autorità di pronunciare il «sì» in loro vece, mentre a quanto ci risulta hanno voluto onorare personalmente l’impegno. 
 
Del resto, non siamo il paese delle deleghe (e delle deroghe, e delle proroghe)? Provate a telefonare a un ufficio pubblico perché avete un problema, e verrete rimbalzati all’infinito. Non è nostro compito, non è l’ufficio competente. Tutti noi, compreso chi sbraita contro il Palazzo, siamo suoi funzionari. Funzionari della sostituzione. Fino a perdere i connotati e certo gli attributi.
Come si vede, anche nelle farse più grossolane, quelle che si compiono nella provincia più provincia - quella che vuole stupire il mondo e invece lo fa ridere - rimane un filo di tragedia.
 
Luca Doninelli

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