Garda

Farmaco anticancro negato, scatta la denuncia

L'incredibile vicenda di una donna di Lonato a cui è stata negata una terapia contro il mesotelioma plurimo.
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Rischia di morire un malato di cancro se la cura tarda ad arrivare o viene negata. Specie se il paziente è affetto da mesotelioma pleurico, patologia gravissima causata dall’esposizione all’amianto. È il caso di una pensionata settantenne che abita in frazione San Polo, protagonista incolpevole di una vicenda incredibile, oggetto di una denuncia firmata dal figlio e indirizzata alla Procura della Repubblica di Vercelli tramite i carabinieri di Lonato. Non solo: l’Osservatorio nazionale amianto l’ha segnalato come uno dei tre presunti casi di malasanità registrati in Italia. Gli altri due, denunciati dai parenti, riguarderebbero altre due donne settantenni di Vigevano (Pavia) e Galliate (Novara).

«Mia mamma ha sempre fatto la casalinga - racconta il figlio -. Come si sia ammalata non si sa. Forse la causa è legata ai vestiti di mio padre muratore che aveva a che fare con l’asbesto». Quel che è certo è che nell’agosto del 2011 il primario dell’Ospedale Civile di Brescia le dignostica un mesotelioma pleurico. La pensionata viene curata, poi sottoposta a Mestre ad una delicata operazione chirurgica. Ma la malattia c’è. E la scorsa estate il figlio porta la mamma nel Torinese dove si sono verificati moltissimi casi di epitelioma.

«Mi sono poi spostato nella zona di Vercelli - spiega - dove ritenevo di trovare le migliori conoscenze ed esperienze nella cura di questa patologia. Ci siamo rivolti al medico oncologo di un ospedale della provincia che ci ha prescritto il trattamento con la Gemcitabina».

Questo farmaco rientra fra quelli cosiddetti «off label», il cui utilizzo viene richiesto per una patologia che non è compresa tra quelle per cui è registrato, ma sul quale esiste una sperimentazione che evidenzia la sua efficacia. Per l’utilizzo serve l’approvazione prevista dalla legge prima del primario e poi della commissione farmaceutica interna.

«Ma più passavano i giorni e moltiplicavo i solleciti e più le risposte risultavano vaghe - racconta il figlio -. Alla fine anziché il via libera è arrivato un diniego nemmeno motivato. A quel punto ho preso appuntamento per una visita privata con un primario, sempre a Vercelli. La mamma è stata visitata nel tardo pomeriggio. Il mattino successivo le è stata praticata la prima infusione. Poi le cure sono proseguite all’ospedale di Manerbio. Assistito dall’avv. Ezio Bonanni ho denunciato l’accaduto. È mia intenzione anche chiedere i danni».

Il documento di denuncia sottolinea fra l’altro come «la consistenza della doglianza e le precise responsabilità denunciate trovano ampia conferma dal fatto che la signora ha ottenuto lo stesso farmaco quando si è rivolta in regime di libera professione ad un altro direttore di struttura complessa che ha esercitato il potere, pacificamente riconosciuto, di consentire l’uso dei farmaci off label».

Ennio Moruzzi

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