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Willy, quando la speranza sconfigge la violenza

Dopo tre mesi in un letto d'ospedale il 26enne di Travagliato è tornato qualche giorno a casa.
William, il coraggio del perdono
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Mamma Fiorella glielo aveva promesso: «Per Santa Lucia ti riporto a casa». E così è stato. Nella vita ci sono poche certezze: ma sulle parole di una mamma ci si può ancora mettere la mano sul fuoco. William dopo tre mesi è tornato a Travagliato. Ad accoglierlo la sua famiglia e uno straordinario gruppo di amici che non ha lasciato solo neppure un minuto da quel terribile 19 settembre, quando Willy (come lo chiama chi gli vuole bene, e sono davvero tanti) è stato brutalmente aggredito.

Il 26enne, mamma Fiorella, papà Nerio e la sorella Tatiana sono stati catapultati in un incubo. Siamo andati a trovare Willy e siamo partiti dalla domanda più banale - come va? - vergognandoci quasi di non riuscire a dire nulla di più. La risposta ci ha messo di fronte fin da subito a un ragazzo straordinario. «Sto vivendo giorno per giorno, passo dopo passo verso il ritorno alla mia quotidianità - racconta -, la mia casa mi mancava da morire: ma ora sono qui e sto già meglio». Non c'è sconforto nelle sue parole, ma neppure rabbia: solo una forza incredibile, la forza di non arrendersi mai.

La nostra chiacchierata non può che partire da quella sera. «Sono sceso dalla casa della ragazza che frequentavo, e stavo andando verso la mia macchina» ci racconta. All'improvviso l'aggressione: «Due persone col passamontagna: ho pensato di essermi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato. Magari dei ladri in fuga dopo aver svaligiato una casa». «Mentre quello più grosso mi teneva fermo prendendomi da dietro con un braccio sul collo - continua -, guardando l'altro aggressore ho riconosciuto i suoi occhi: erano quelli della mia ex fidanzata».

Ma è stato solo un attimo, una frazione di secondo. Perché proprio la sua ex ragazza lo ha violentemente colpito in testa, presumibilmente con una grossa chiave inglese. Ma purtroppo il peggio doveva ancora arrivare, la brutalità disumana dell'aggressione (si può chiamarla diversamente?) non era certo finita. Mentre William lottava con quello che poi scoprirà chiamarsi Dario, Elena arriva con un secchio pieno di acido solforico: la sua rabbia inconcepibile si è riversata addosso a Willy. «In pochi secondi i miei vestiti si sono letteralmente sciolti» racconta. Da lì iniziano una serie di attimi disperati, durante i quali il ragazzo mantiene un'incredibile lucidità: quella lucidità che lo abbandonerà soltanto sotto l'effetto dei potentissimi antidolorifici. Willy che sale a casa della sua amica Sara, che abita proprio nel palazzo dell'aggressione, la mano sotto la doccia per vedere la reazione: ma l'acqua non è di aiuto, anzi. Meglio aspettare l'arrivo dei soccorsi.

Da quel momento, rannicchiato a terra con la pelle in fiamme, inizia il calvario di Willy. «Quando sono solo, e spesso anche la notte, continuo a rivedere quella scena - racconta -; ogni volta penso a come avrei potuto reagire, immagino una possibile via fuga, una mia reazione più decisa: nella testa mi prende corpo un diverso "finale"». Come detto non c'è arrabbiatura o rancore nelle parole di Willy: non c'è odio neppure nei confronti della sua ex fidanzata. «Può sembrare incredibile - interviene la mamma - ma dopo quanto accaduto il mio Willy è diventato ancora più buono». «Forse lo sono troppo» ribatte lui. Ma in fondo non lo pensa, ne siamo certi: del resto la bontà è scolpita a caratteri cubitali nel suo Dna. La mamma lo guarda con un orgoglio che riempie il cuore. Quando usciamo la neve ha lasciato il posto alla pioggia. Siamo arrivati infreddoliti, con il timore di non essere altezza del dramma che ci saremmo trovati di fronte. Torniamo a casa riscaldati dalla certezza che contro la forza della speranza non può nulla. Nemmeno l'acido.
Francesco Alberti

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