Stamina: il giudice ordina infusioni per Daniele

Dal Tribunale di Matera l'ordine a riprendere le infusioni su un bimbo di sette anni. Belleri: «Impossibile ricominciare le cure»
AA
L’infusione sospesa va rirpesa. La risposta dal Civile: non è possibile. E al caso Stamina si aggiunge un altro capitolo. Il giudice del lavoro presso il Tribunale di Matera, Antonio Marzario, accogliendo un’istanza degli avvocati Vincenzo Pizzilli e Tiziana Barone, ha confermato quanto già deciso il 30 aprile scorso ordinando al Civile di Brescia la ripresa del trattamento con cellule staminali a favore di Daniele Tortorelli, di sette anni, di Matera, affetto dalla malattia di Niemann Pick.
L’ordinanza prevede la somministrazione della sesta infusione, sospesa un anno e mezzo fa dopo le vicende che hanno portato le autorità sanitarie a rivedere la materia e al sequestro, stabilito dalla Procura di Torino, delle cellule per il trattamento.
 
«L’auspicio - ha detto l’avvocato Pizzilli - è che questa decisione possa portare a rivedere la questione consentendo al piccolo Daniele la ripresa delle cure». Il nonno del bambino, Vito Tortorelli, ha ribadito la volontà di ricorrere contro il sequestro e riprendere il trattamento, poiché «la salute di Daniele sta peggiorando. Il sequestro ha tutta l’aria di un’ulteriore arrampicata sugli specchi della classe politica e medica, che è fortemente contro il metodo Stamina, ma ancora di più contro il piccolo Daniele, che sopravvive solo grazie alle staminali che ha fatto. Purtroppo - ha concluso Tortorelli - questo sembra non interessare a nessuno, vista la volontà di non dare atto dei miglioramenti ottenuti con le staminali». 
 
«Il magistrato prende atto del sequestro di cellule staminali disposto dalla Procura di Torino: atto che impedisce a chiunque di effettuare le cure secondo il metodo Stamina all’ospedale di Brescia». Così il direttore generale degli Spedali civili di Brescia Ezio Belleri commenta l’ordinanza del Tribunale di Matera. L’ordinanza, secondo quanto riferito da Belleri, riconosce che l’Azienda ospedaliera ha fatto tutto quello che era tenuta a fare per dare seguito alle sentenze dei Tribunali. «Viene anche riconosciuto - aggiunge Belleri - che al direttore generale non può essere chiesto di interferire nell’autonomia professionale dei propri collaboratori sanitari imponendo comportamenti che gli stessi hanno ritenuto non corrispondenti a criteri di scienza e coscienza».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia