Quando andare a scuola è una lotteria

Con le feste di Natale, nelle scuole si raccolgono fondi per l'acquisto di materiali. Raccontateci le vostre iniziative
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La carta igienica, le cartine geografiche, i dizionari. Per non parlare dei bagni o delle tinteggiature. L’elenco di ciò che a scuola viene garantito dai genitori degli alunni è ampio e attraversa necessità più o meno didattiche. Capita che si debba fornire un timer per la campanella, in modo che suoni automaticamente. E poi i proiettori e addirittura le Lim, le lavagne elettroniche che dovrebbero diventare uno standard in futuro.

Sono giorni, questi, in cui sfruttando il Natale e le feste nelle scuole fervono le attività di raccolta fondi. Come accade anche a fine anno scolastico, vengono organizzate lotterie per racimolare denaro da usare per l’acquisto di materiali. Tra oggi e domani nell’istituto comprensivo Brescia Est Tre ne sono previste tre, alle elementari Boifava e Marconi e alla media Caionvico. Il tema è «Verso un futuro digitale»: in base ai soldi raccolti i genitori decideranno cosa comprare, ma la consapevolezza che la scuola con le proprie forze non ce la faccia è evidente. Sia nell’innovazione, come in questo caso, sia nella strumentazione di base.

Il problema è legato ai finanziamenti pubblici, troppo esigui. Prendiamo l’esempio di un istituto comprensivo cittadino formato da quattro scuole (una materna, due elementari e una media) con 750 alunni. Lo Stato eroga fondi per 5.200 euro che bastano in sostanza per pagare le pulizie. Se non ci fossero i 20mila euro che arrivano dal Comune di Brescia nel capitolo di bilancio dedicato al diritto allo studio, 380mila euro complessivi nel 2014, questi istituti sarebbero praticamente paralizzati. Senza contare il fatto che vi sono famiglie che hanno bisogno di un aiuto per la mensa, per i trasporti o per l’acquisto di libri e quaderni. Non mancano nemmeno delle vicende scandalose: ad esempio il fatto che lo Stato abbia un debito di 1,5 milioni nei confronti delle scuole bresciane, soldi anticipati dagli istituti per spese varie, come le supplenze, e mai arrivati da Roma.

La lotteria, la vendita di torte, la bancarella con i lavoretti: queste attività di volontariato rischiano di diventare insostituibili, se non lo sono già, per garantire qualcosa in più rispetto alle necessità di base. All’elementare Tito Speri, ad esempio, la raccolta fondi serve a contribuire al rifacimento dei bagni. Ma gli esempi di chi si mette direttamente a lavorare per la scuola non mancano: a Carpenedolo, la scorsa estate, i genitori hanno tinteggiato la scuola media.

Così, mentre i supplenti precari devono fare i conti con la mancanza di fondi per i loro stipendi a dicembre, nelle scuole ci si arrangia. E quando si sente parlare di investimenti, di rilancio dell’istruzione, ai genitori può capitare come riflesso condizionato di mettere da parte un flacone di detersivo per pavimenti o un rotolo di carta igienica. Visti i tempi, può sempre servire.

Emanuele Galesi
e.galesi@giornaledibrescia.it

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