Nel 1982 l'invito ai giovani: «Contagiate il mondo»

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«Contagiate il mondo». Questo il mandato conferito ai giovani bresciani che affollavano piazza Duomo il 26 settembre 1982. Fu memorabile quella giornata. Per i giovani, ma non solo. Un Papa a Brescia, e che Papa: uno che sapeva dialogare con la gente, arrivare al cuore delle persone, al nocciolo delle questioni; che sapeva persino divertire, memore forse del suo passato di attore e commediografo, grazie ad atteggiamenti mai scontati e ad una naturale predisposizione al contatto umano.

La visita di quell'autunno lontano rimane uno degli avvenimenti più importanti della storia recente cittadina. Il Vescovo di Roma veniva a rendere omaggio al concittadino predecessore Paolo VI e a conoscere una città e una terra che in seguito lo avrebbe ospitato numerose altre volte. A poco più di un anno, non dimentichiamolo, dal vile attentato di piazza San Pietro che lo aveva debilitato nel corpo, ma non certo fiaccato nello spirito.

Sbarcato all'aeroporto di Ghedi poco prima delle 8, Giovanni Paolo II venne subito condotto in elicottero a Concesio per rendere omaggio - nell'85° anniversario della nascita dell'unico Pontefice bresciano della storia - ai luoghi montiniani: la casa dove il piccolo Giovan Battista («il mio maestro» disse al fratello Ludovico e al cugino Vittorio) venne alla luce, e la pieve frequentando la quale, giovinetto, fortificò la sua fede.

Accompagnato dal vescovo della Diocesi, monsignor Luigi Morstabilini, Karol Wojtyla giunse poi alle 10 all'Ospedale Civile. «Occupate un posto speciale nel mio cuore» disse salutando gli ammalati, memore della sofferta esperienza da degente, l'anno precedente al policlinico Gemelli di Roma dopo l'attentato di Alì Agca.

Alle 10.30 il primo incontro ufficiale, in piazzale Battisti con il sindaco Cesare Trebeschi e il presidente del Consiglio, Giovanni Spadolini, arrivato a Brescia la sera precedente. Poco prima del bagno di folla in piazza Duomo - tra le undici e mezzogiorno - nell'incontro con i giovani della Diocesi, la sosta in preghiera in piazza Loggia davanti alla stele che ricorda i Caduti del 28 maggio 1974.

Dopo l'incontro con i giovani, quello con il laicato cattolico, al Centro pastorale Paolo VI di via Gezio Calini, con la contestuale inaugurazione dell'omonimo istituto di promozione degli studi montiniani. Terminato il pranzo nell'istituto, il vertice in Vescovado con i rappresentanti delle istituzioni e i prelati lombardi, cui fece seguito quello in Duomo con i religiosi bresciani e al santuario delle Grazie (dove Paolo VI celebrò la prima Messa) con i seminaristi. Alle 17 l'atto finale con la solenne celebrazione dell'Eucarestia in Campo Marte, che vide la partecipazione di centomila fedeli, prima di ripartire, attorno alle 20, alla volta di Roma.

I giovani, soprattutto, come si diceva. Quelli che «Lolek» Wojtyla non si è mai stancato di chiamare «le colonne (con la classica «o» stretta a rivelare la provenienza dell'Europa Orientale) della Chiesa»; a loro parlò con il cuore in mano, invitandoli ad essere profeti di Gesù fra i coetanei, tra coloro che non sperano più, tra chi non sa più aprirsi agli altri: «Vivete Cristo e contagerete il mondo», come si diceva in principio.

«Ai giovani che gremivano la piazza, una folla valutata tra le dodici e le quindicimila persone - scrive Fausto Lorenzi nella cronaca pubblicata dal Giornale di Brescia del 27 settembre '82 - il Papa ha chiesto un "sì a Cristo" totale e limpido con un richiamo all'"ardente cardinale-parroco" Giulio Bevilacqua, maestro di intere generazioni di bresciani, che sottolineava nella gioventù "la presenza di un istinto vitale il quale dice che sul "no" non si può costruire la vita».

«Giovani sani e forti - questo l'appello dell'Uomo venuto da lontano - vi ripeto il messaggio delle Beatitudini, tutto pervaso da celestiale virtù e, nello stesso tempo, incarnato nella quotidiana fatica del vivere: misuratevi con le altezze di Dio e siate assidui all'esplorazione delle zone più riposte del vostro mondo interiore: troverete sempre una risposta ai vostri perché. Dimostrate con la profondità delle convinzioni e con la coerenza della condotta che Gesù Cristo è nostro contemporaneo, il compagno di viaggio dell'uomo del nostro tempo».

«La Parola del Signore - disse ancora il successore di Cristo nella piazza gremita - è destinata a tutti, ma rivela particolare affinità con l'età giovanile per l'intima virtù di recupero e rigenerazione, la misteriosa capacità di rapportare continuamente il ritmo dell'itinerario spirituale sullo slancio, la generosità, l'entusiasmo tipici della stagione giovanile».

Roberto Bernardo

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